giovedì 18 settembre 2014

Singapore 2008: il giorno del Crashgate

Il Gran Premio di Singapore è già diventato un classico del calendario della F1. Gara in notturna, scenari splendidi e spettacolo assicurato in pista, con le vetture che sfrecciano tra muretti e rail in costante attesa di una provvidenziale safety car.

Già, "provvidenziale".

Singapore, 28 settembre 2008. Il mondiale F1 segue finalmente l'esempio degli americani con un Gran Premio interamente sotto il cielo stellato. Il circuito cittadino di Singapore è una tortuosa linea di potentissimi lampioni in mezzo ai grattacieli, con un impianto studiato apposta per avere un impatto minimo sulla sicurezza dei piloti. Il circuito nasce senza zone d'ombra.

(Ma nasce anche con uno scandalo niente male)

Arriva il giorno della gara. Massa è in pole, con Hamilton in seconda posizione. I due sono in lotta per il mondiale. Gli altri attuali protagonisti della F1? Raikkonen è terzo, Vettel è 6° con la Toro Rosso, Rosberg è 8° con la Williams, Button 12° con la Honda, Alonso 15° con la Renault. Sutil è in ultima fila, con il 19° tempo.


Dopo 12 giri lo scandalo è in atto. La prima fase è la strana strategia di Alonso. Il pilota asturiano si ferma prima di tutti e passa dalle gomme super soft alle soft. C'è un evidente flirt con l'imponderabile, visto che una strategia del genere senza safety car non conviene.

La seconda fase è tutta concentrata al giro 14. Curva 17: il compagno di squadra di Fernando, Nelson Piquet Jr, si schianta contro il muro. Aveva già pescato un jolly durante il giro di ricognizione con un testacoda davvero inusuale. Il pilota, comunque, sta bene; ma la pista in quel punto è troppo stretta per recuperare i rottami in fretta. Deve entrare la safety car.


A quel punto, quasi tutti si fermano ai box. C'è chi è in debito di benzina a tal punto da rientrare con la pit lane chiusa (comportamento che vale una penalità) e c'è chi non ha mai visto una gara americana, come gli strateghi del box Ferrari. Raikkonen, infatti, rientra subito dopo Massa, perdendo un sacco di tempo ad aspettare la fine della sua sosta. Che, purtroppo, finisce male. Il brasiliano parte troppo presto e trascina con sè il bocchettone della benzina, rischiando pure di scontrarsi con Sutil. Gara buttata per entrambi: Massa riceve una penalità per unsafe release e Raikkonen si shpalma a pochi giri dalla fine nel tentativo di salvare il salvabile.


Altrove le cose vanno meglio, ad esempio in Renault. Piquet Jr si è schiantato, ma gode di una scarsa considerazione sia dentro la squadra, sia fuori: nessuno si interessa, quindi, del suo destino. Tutto il team Renault è infatti concentrato a seguire la gara di Alonso. Il bi-campione del mondo riesce a risalire dal 5° fino al 1° posto finale. Dopo di lui, arrivano Rosberg e Hamilton. Questo risultato è fondamentale per la classifica di Lewis. A fine anno vincerà il titolo.


Nel paddock, nel frattempo, sale il dubbio. Senza quella safety car Alonso non avrebbe mai vinto. Che scelta di tempo! Oppure c'è del marcio? Strano che Piquet Jr sia andato a muro proprio dopo il pit di Fernando... Anche se il brasiliano nega: "Il mio è stato un semplice errore".

Il bubbone scoppia quasi un anno dopo. Piquet Jr non riesce ad ottenere risultati di rilievo e viene licenziato da Briatore, da anni team manager della Renault. La cosa non viene presa bene dalla famiglia Piquet.


Dopo due settimane dal licenziamento, Nelsinho rivela di aver avuto la richiesta da parte del suo team di "agevolare" la strategia di Alonso con un incidente. Sgomento e raccapriccio: perché un pilota di F1 dovrebbe accettare una cosa del genere? Perché rischiare di farsi male in quel modo? Il memorandum di Piquet Jr inguaia Briatore e Pat Symonds, rei di aver ideato la strategia dell'incidente per favorire il ben informato Alonso, e concludere sul podio la gara in una stagione altrimenti deludente.

Oltre alle dichiarazioni del pilota brasiliano, c'è anche quella di un testimone X a quell'epoca in forza al team Renault. Tale teste, dopo aver sentito nel meeting pre-gara la proposta di un incidente forzato, ne prese le distanze. Il nome del testimone non è mai stato ufficializzato, anche se al Daily Mail sono certi si tratti di Alan Permane, lo stesso ingegnere di pista che Raikkonen zittì ad Abu Dhabi 2012. Leave me alone...

La Renault perde subito il title sponsor ING e anche Mutua Madrilena. La FIA squalifica, su richiesta di quel Max Mosley non ancora spedito a casa dal suo scandalo nazi-sessuale, Briatore e Pat Symonds (condanne ridotte in appello), mentre si scatenano le polemiche sulla credibilità della F1.

Briatore non ha più un ruolo in F1, mentre Symonds lavora alla Williams.
Ancora oggi il Crashgate pone dei dubbi. Pat Symonds disse addirittura che fu Piquet Jr a suggerire l'idea dell'incidente (per tenersi il volante senza meriti sportivi, visto il suo pessimo campionato?), salvo poi provare in seguito vergogna per essere stato troppo devoto al team. Briatore non ha mai ammesso alcuna colpa e non è per niente felice di dover tirar fuori l'argomento. La macumba su Nelsinho - non guiderai più in F1 - è ancora valida, dato che ora la sua carriera è tra la Nascar e la Formula E, con visite nel paddock di Ecclestone prossime allo zero. I dialoghi, pubblicati per la prima volta nel 2009, tra Briatore, Symonds, i piloti e gli ingegneri, non sono mai stati considerati una prova schiacciante. Mi chiedo ancora come sia stato possibile orchestrare così attentamente un piano del genere.

Sappiamo solo una cosa, che ad Alonso piace giocare carte scomode. Anche se, dopo la Spy Story e il Crashgate, dalle classifiche dei campionati ha preso solo due di picche.

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