martedì 30 agosto 2016

Il tormentone Verstappino e la domanda: i piloti devono lottare in pista?

Max Verstappen, in Belgio, ha davvero portato una ventata di novità nell'ambiente. Che sia una ventata fresca o un puzzo tremendo lo lascio decidere ai suoi colleghi, quelli che vanno in pista nei campionati più veloci del mondo.




Non sono un pilota, ma voglio comunque fare i complimenti a Verstappino. Ovunque abbia messo la ruota durante il GP a Spa è successo qualcosa. Ha sbagliato la partenza, ha provato a metterci una pezza, si è fiondato all'interno e avrebbe probabilmente fatto la curva senza la presenza di Vettel; poi ha difeso la posizione - a norma, perché non si sono visti cambi di direzione oltre all'unico consentito - in maniera veemente; infine è andato a fare le interviste nel dopo gara piazzando nei microfoni dei giornalisti delle dichiarazioni a dir poco infuocate. Oltre a questo, forse unica vera nota stonata, l'aver percorso un giro (il primo) nelle vie di fuga, creando il caos senza pentirsene troppo (un po' pericoloso, in effetti).

Personalmente ammetto di trovarmi di fronte a una miniera d'oro della narrazione automobilistica del presente e del futuro. Questo piccolo olandese figlio di un manesco reduce del sommerso del Circus ha qualcosa in comune con alcune grandi personalità passate dello sport. Sia chiaro: di strada da fare nell'albo d'oro ne ha ancora, e si sta parlando di una carriera agli inizi; tuttavia...

Sorpassa. Sorpassa in maniera spettacolare, talvolta. In passato Mansell ha fatto vedere cose simili.
Poi si difende. Si difende in modo rude come Schumacher, intimidendo duramente l'avversario per altro senza oltrepassare il limite regolamentare e d'ingaggio per il quale non si deve cambiare direzione più di una volta (in Belgio come in Ungheria, basta vedere il video).
E infine parla, parla come un neo-maggiorenne in gita alcolica ma atteggiandosi come un semi-soddisfatto Senna dopo la prima curva a Suzuka nel 1990 (ovviamente mi riferisco al tema "vendetta").




Penso che sia molto semplice: Verstappen è una novità assoluta. Una novità che cambierà fisionomia nel corso del tempo, una novità che fa discutere e che ha portato visibilità aggiuntiva alla F1. Si tratta di uno dei ragazzi più appariscenti - a livello di manovre - che sia mai arrivato nell'ultimo ventennio, e ha pure una macchina competitiva.

Non è esattamente quello che si chiedeva da tempo al Circus? Mi ricordo di articoli, di discussioni online e nella vita vera, di libri, di appelli nei quali - a capo mesto - lettori e avventori constatavano l'assenza di personalità, di rischio, di sorpassi, di polemiche in un mondo di robot infilati dentro a vetture costruite per andare sui binari.

Ora abbiamo un paddock incredibilmente eterogeneo: Verstappen che con l'arroganza dei suoi brufoli si permette di mancare di rispetto agli anziani colleghi; Hamilton rappresenta l'opulenza a sfondo social; Raikkonen è il silenzioso quanto trolloso "bollito" - ma con il contratto sempre rinnovato; Vettel è l'anti-social che scherza in conferenza stampa (o almeno scherzava, visti i risultati Ferrari); Ricciardo è il simpaticone della compagnia; Rosberg resta invece il buon padre di famiglia. E sono rimasto solo ai primi sei in classifica.

Tutti i telefilm di successo hanno una trama contorta con personaggi differenti tra loro, no? E per mantenere gli ascolti cosa accade? La guerra delle personalità, la sfida tra il nuovo e il vecchio, l'inconsistente coerenza del potere costituito, che vacilla e si trasforma a ogni episodio rappresentando talvolta ciò che è giusto e altre volte ciò che è sbagliato.

E quindi... viva le polemiche! Viva i duelli! Viva le dichiarazioni di fuoco! Gli elementi ideali per costruire una narrazione degna ci sono tutti, a partire dalla lotta al vertice in casa Mercedes, tra ruotate e avvertimenti, fino ad arrivare allo scontro generazionale tra Raikkonen, Vettel e Verstappen, con gli ultimi due protagonisti in passato e ora di manovre che sono rimaste impresse nella storia della categoria. Eppure c'è chi non ha ancora capito che il racconto sportivo non è più un mero confronto sul campo di gara: è importante costruire una relazione continua, un intreccio romanzato fatto di team radio, di microfoni bollenti, di instabilità, di rimescolamenti dettati dal regolamento o dal puro caos. Verstappen è l'ingranaggio perfetto per l'attuale F1: fa parlare di sé più della lotta per il campionato, non ha imparato a dosare le parole come un Button qualsiasi e soprattutto crea dibattito.




Infine mi rivolgo ai lettori ferraristi: vogliamo ammettere che se Verstappen avesse fatto quelle manovre a Spa a bordo di una Ferrari, alcuni avrebbero scomodato la temerarietà di Nuvolari e Villeneuve (Gilles) pur di esaltare il coraggio e lo spirito d'iniziativa del ragazzo? Invece l'olandese corre per l'acerrima nemica bibitara, e allora si corre sul carro degli infastiditi e dei rosiconi, che fu popolato in passato dai detrattori di Vettel, di Alonso e dello stesso Schumacher.

La domanda finale è: li vogliamo vedere lottare in pista o no, questi piloti? Io sì, voglio vederli lottare come se la F1 fosse un match sotto canestro tra Jordan vs Barkley, oppure un incontro in stile Alì vs Foreman.

E ora, un po' di ripasso.

1) Il primo tentativo di Hakkinen a Spa, nel 2000. Sostituite pure i nomi di Mika e di Schumi con quelli di Kimi e Verstappen, tanto è esattamente la stessa manovra.


2) Rosberg con Alonso (e conseguente lamento via radio).


3) Alesi vs Senna. Visto? Battagliare è divertente! Non è una cosa da condannare entrare di prepotenza all'interno della traiettoria di un campione del mondo - affiancando per altro un muretto.


4) Quante volte Berger cambia direzione, impercettibilmente? Quante?


5) Per vedere cosa vuol dire difendersi, veleggiare fino al minuto 8.


6) "Cosa volete, sono le corse!"


6) 2012 e 2011. Alla voce "vendetta" digitare Vettel.

giovedì 25 agosto 2016

Intervista a Alessandro Secchi: Schumi, i media e una F1 da riformare

Alessandro Secchi è fondatore e webmaster del sito Passione a 300 all'ora, oltre che l'autore del libro "Il mio Michael: Io, Schumi, la Formula 1", che sta riscuotendo un buon successo, con ottime recensioni.

Quello che mi preme dire è però che Alessandro Secchi è uno dei giovani esponenti di un nuovo giornalismo da corsa, nato online e in grado di offrire uno sguardo presente e di qualità verso il motorsport. Lungi da me dire che il sito da lui (e da altri autori) gestito sia il migliore sulla piazza, perché non è questo l'oggetto dell'intervista seguente; mi interessava piuttosto sapere cosa passa per la testa a un ragazzo classe '83 che ha a ragione criticato lo spettro mainstream della narrazione automobilistica.




Alessandro, facciamo un po' di fondo. Come è nata la tua passione per il mondo dei motori?
Ho iniziato a seguire le gare di F1 quando ero piccolino, grazie a mio padre. Sul finire degli anni '80 le guardavamo insieme, poi nel corso del tempo lui si è progressivamente disinteressato mentre io mi sono totalmente appassionato. Ho seguito prevalentemente la F1 fino a tre anni fa, sostanzialmente quando è nato il sito. La nostra idea iniziale era di parlare solamente di F1, ma poi ho cominciato a guardarmi attorno, scoprendo per altro mondi come quelli ad esempio del WEC e della Indycar che mi hanno subito affascinato; abbiamo quindi creato lo spazio anche per queste e altre categorie. La mia fortuna è che essendo per passione uno scrittore e un informatico ho potuto fondare un sito per conto mio, dopo aver scritto per qualche anno per altri - non senza problemi purtroppo.

La tua passione per Michael Schumacher è proverbiale. Hai scritto questa biografia - apprezzata dai lettori - e hai seguito la sua carriera in modo assiduo e fedele, come accaduto a molti altri sostenitori del motorsport. Questo, appunto, lo sappiamo. Quali erano i piloti che amavi di più quando eri giovanissimo?
Mi ricordo delle incredibili gare di Senna, ma a parte lui e Schumacher... non nascondo che un occhio di riguardo per le Ferrari di Alesi e Berger ce l'avevo. Quando si ritiravano mi giravano le balle, infatti!



Ti ricordi di quanto accadde nei mesi precedenti all'approdo di Schumacher a Maranello, quando in realtà i tifosi ferraristi non sembravano così convinti?
Mi ricordo che appunto la maggioranza non lo vedeva benissimo, un po' perché era stato pagato parecchio e un po' perché c'era questa adorazione pazzesca per Jean Alesi. Mi ricordo anche dello striscione comparso a Monza nel 1995 con la scritta "Meglio un Alesi oggi che 100 Schumacher domani". Ovviamente dopo averlo visto all'opera, con le pole e le vittorie, molti cominciarono a cambiare parere. L'anno successivo, infatti, la situazione fu comica: sul podio Schumacher venne osannato quanto se non più di Alesi. Non è capitato solo a Schumacher: pure Alonso e Vettel non sono stati inizialmente accolti bene. Alla fine al tifoso ferrarista medio non importa chi guida la vettura, ma basta che vinca la Ferrari. Restare fedeli alla squadra ci può stare, ma io non sono d'accordo: alla fine il pilota è sempre lo stesso e non è giusto che passi dall'essere eroe a essere stronzo (e viceversa) nello spazio di un cambio di casacca.

Credi che l'incidente accaduto a Schumacher possa aver cambiato la percezione di molti critici verso di lui?
Domanda difficile. In effetti quando un personaggio della sua caratura si trova in difficoltà è complicato capire quale sia il limite tra chi è sincero e chi esagera con l'affetto. Prendiamo ad esempio Senna; il suo mito era già percepibile in vita, ma dopo Imola si è ingigantito enormemente, coinvolgendo anche persone che non lo potevano, in precedenza, nemmeno vedere in fotografia. Ora è passato tanto tempo e il suo nome risuona anche per altri motivi, grazie alla sua Fondazione, al film e a tutte le altre manifestazioni in suo onore, quindi può darsi che alcuni col tempo lo abbiano rivalutato. Ma c'è sempre chi sale sul carro dei tristi, e sta accadendo anche con Michael. Devo dire che però molti hanno cambiato idea su di lui a livello umano, in positivo, all'epoca del ritorno con Mercedes: è stata apprezzata la voglia di tornare a gareggiare e di mettersi in gioco in una F1 totalmente cambiata con giovani e forti avversari. Una sfida che nonostante i risultati ha dimostrato di saper fronteggiare in più occasioni.




Nell'eterna sfida tra media mainstream e indipendenti tu sei tra quest'ultimi. È capitato in passato che tu abbia apertamente discusso con l'altra parte della barricata e conosci bene anche come ragionano i lettori. Scherzosamente ma nemmeno troppo: hai sotterrato l'ascia di guerra?
No, non l'ho fatto... Riguardo al rapporto tra i grandi e i piccoli siti... Sicuramente c'è una cosa che mi infastidisce tanto: l'incompetenza che dilaga tra chi avrebbe il dovere di informare correttamente. Si leggono delle cose senza senso ovunque, sia per mancanza di filo logico sia per meri errori grammaticali. Vuol dire che manca qualcosa, che non c'è vera preparazione e forse per alcuni nemmeno passione per il motorsport. Sembra di essere di fronte a prodotti che puntano soltanto alle visite senza avere alcuna qualità, e talvolta pure a conflitti di interessi e collaborazioni interessate che contribuiscono a creare una cricca di persone che si vogliono coprire le spalle a vicenda. Mi vengono in mente, prendendo a esempio la sola Sky, la sponsorizzazione al team di Valentino Rossi in Moto3 oppure la presenza di Gené in F1 che non avrà mai modo di criticare la Ferrari perché indossa la loro maglia. Noi da parte nostra cerchiamo di fare tutto per bene, rileggendo anche cinque volte se necessario, ma ci sarà sempre chi, altrove, verrà pagato per fare un lavoro non di qualità, con punteggiatura mancante, analisi logica scadente, strutture che non reggono, titoli fuorvianti... 




Ti piacerebbe commentare le gare in televisione?
Credo non sarei in grado. Dicono che mi sottostimo parecchio, che forse valuto al ribasso le mie capacità, ma già facendo le dirette sul sito mi rendo conto che non sarebbe il mio mestiere. Poi magari provando mi abituerei, più facilmente come seconda voce credo, ma ora come ora ti direi di no. Mi vedo solo a scrivere.

Come si potrebbe portare il pubblico italiano a seguire maggiormente serie differenti dalla F1?
Utopisticamente facendole vedere in televisione. L'interesse maggiore si crea senza dubbio in questo modo, perché è ancora il mezzo di comunicazione che tira di più. Senza questo traino dubito che la gente vada maggiormente in autodromo o che acquisti interesse per altri campionati. Prendiamo ad esempio la Formula E: la Rai ha acquistato i diritti e poi ha mandato gare in differita, sempre su un canale sperduto come RaiSport1. Le qualifiche mai in diretta... Cosa ha preso i diritti a fare senza un passaggio almeno su RaiTre? Penso che se si ha un prodotto bisogna anche invogliare le persone a guardarlo, soprattutto perché in loco l'evento funziona, visto che lungo i circuiti cittadini e sulle tribune c'è un bel pubblico. Sono convinto funzionerebbe anche per il WEC se fosse trasmesso in chiaro.

Nei social, più che nella vita vera, si accumulano giudizi e discorsi allucinanti sui vari piloti. Le persone che si permettono di criticare aspramente qualsiasi pilota come le vedi?
La cultura del rispetto non è purtroppo un'abitudine. Ci sono tantissimi personaggi, sia tra gli addetti ai lavori sia tra i tifosi, che non hanno mai messo il sederino dorato su un kart per più di dieci minuti. Sono tutte persone che non hanno la minima idea di cosa vuol dire infilarsi in una macchina da corsa, cosa che personalmente - seppur con una Formula Renault 2.0 e da puro principiante - ho avuto l'occasione di provare. In realtà per il motorsport la questione è molto semplice: andare a 300 all'ora in una bara con due piedi incastrati in uno spazio minuscolo vuol dire avere le palle non cubiche ma a 36 lati. Poi però troviamo puntualmente il tizio che dice che sua nonna andrebbe più veloce in determinate condizioni, mentre invece pure il pilota più scarso gli farebbe vedere i sorci verdi, bendato e con una gamba sola.


Se ti venisse chiesto di scrivere il regolamento tecnico e sportivo della F1 cosa faresti?
Toglierei immediatamente i motori ibridi, perché concettualmente su una F1 non li vedo proprio. Per l'ibrido va bene il WEC, per il full electric la Formula E, punto. Il KERS invece ci potrebbe anche stare. Toglierei il DRS e pure tutta la marea di pulsanti attualmente presenti sui volanti, ora assolutamente necessari proprio per via della complessità della power unit.
Vieterei i simulatori riportando i test in pista, per permettere alle scuderie di provare per davvero soluzioni in grado di recuperare la competitività perduta. Il contenimento dei costi è una scusa: la maggioranza dei team inglesi hanno un circuito vicino (Silverstone) e la Ferrari ha Mugello e soprattutto Fiorano; costano davvero di più dei simulatori da decine di milioni di Euro? Sarebbe bello anche per i tifosi un ritorno dei test; a vedere i test di Vettel con le nuove Pirelli sembrava di essere ritornati ai tempi di Schumacher e Barrichello: alcuni sono arrivati con le scale, un altro è andato sul tetto del furgone, io ero attaccato come un ladro a una rete per scattare qualche foto...
Poi... Lascerei libertà aerodinamica, del tutto o almeno in parte. Chiederei ai circuiti di aggiungere cinque metri di ghiaia al di là dei cordoli, lasciando l'asfalto in seguito. Sarebbe una soluzione in grado di preservare la sicurezza e di risolvere la questione dei limiti della pista. A proposito, manderei a casa Charlie Whiting, perché non se ne può più. È vero che si sono viste cose assurde anche in altre categorie, forse è pure per direttiva FIA a pensarci bene, ma lui personalmente sembra sempre più indeciso.
Infine penso che le gomme non dovrebbero essere così predominanti sulla strategia della gara e sulle performances delle monoposto. Un buon progetto può essere rovinato da una gomma che si comporta in maniera imprevedibile, e questo non mi sta bene. Penso che preferirei una gara con i rifornimenti piuttosto che una con le Pirelli attuali.