domenica 31 agosto 2014

Perché la Ferrari dovrebbe schierare Bianchi e Marciello nel 2015

Siete stufi di vedere la Ferrari arrancare dietro le super Mercedes e le sempre pericolose Red Bull? Vi siete smaronati di esultare per un 4° posto di Raikkonen, quando in Lotus riusciva a dividere in 6 un capello? Non volete più sentire parlare di Alonso e dei suoi aumenti di stipendio?

Mi dispiace, ma per l'anno prossimo ve li dovrete sorbire ancora.

Tuttavia, per sognare c'è ancora spazio. E allora perché non spedire virtualmente Alonso alla Mclaren Honda e Raikkonen alle gare di Rally Cross, con tutti i loro 44 milioni di euro di stipendio annuale, e guardarsi attorno?

Magia! Nel giardino di casa ci sono due piloti pronti pronti per far vedere davvero le loro potenzialità, proprio come un Verstappen qualsiasi. Si chiamano Jules Bianchi e Raffaele Marciello, ed entrambi fanno parte della Ferrari Driving Academy, ente attualmente sottoutilizzato e ancora poco oliato nei meccanismi.

Jules Bianchi
Marciello sul podio a Spa

Jules Bianchi, 25 anni, e Raffaele Marciello, 20. Un francese e un italiano. Due piloti molto veloci e capaci, almeno stando a ciò che dicono addetti ai lavori e risultati.

Non solo: l'età congiunta del duo è di 45 anni attualmente, ben 23 in meno della coppia Alonso-Raikkonen. Dello stipendio ho già detto: Bianchi-Marciello costerebbero praticamente zero, con un corposo risparmio di denaro contante da utilizzare magari, che so, a costruire una monoposto decente. Nulla da dire sulle capacità di Alonso e di Raikkonen, che rimangono cristalline; ma la loro età non permette programmi granché a lungo termine.


I precedenti cantano vittoria. Hamilton e Vettel sono arrivati in F1 presto e hanno vinto già parecchio. Alla Red Bull ora Ricciardo vince e convince, dopo gli anni in Toro Rosso; perché Bianchi non potrebbe fare lo stesso? Nel 2015 debutterà anche un 17enne, Max Verstappen, quindi perché preoccuparsi delle date sulla carta d'identità di Marciello?

Certo, mancherebbe il nome di spicco. Probabilmente però ci sarebbe un po' più di umiltà e di freschezza, doti che il nuovo team principal di Maranello, Marco Mattiacci, sicuramente apprezza. Lui stesso ha dichiarato di volere una Ferrari votata al rischio, e buttare nella mischia due Academy come Bianchi e Marciello sarebbe certamente una bella scommessa.



Bianchi, dei due, è già parecchio rispettato nel paddock. Costantemente nelle ultime file, ma più vicino alla media classifica che al fondo, quest'anno Jules è andato addirittura a punti a Montecarlo, senza contare le ottime prestazioni in qualifica. Con la Marussia è una specie di miracolo! Marciello, dal canto suo, ha appena vinto la gara GP2 a Spa ed è costantemente vicino ai piloti più affermati della categoria. Inoltre, fattore interessante, è italiano...

Di certo, non si può dire che a loro manchi l'esperienza. Credo che non sia nemmeno un fattore importante, nella F1 di oggi. Kvyat, ad esempio, ha saltato la GP2, passando in Toro Rosso direttamente dalla GP3. Lo stesso Raikkonen esordì nel 2001 saltando l'esperienza in F3000, diversamente da Alonso. Piloti subito a punti, anche con macchine modeste.

Dal punto di vista tecnico, Alonso e Raikkonen non hanno mai avuto l'impatto di Schumacher, Barrichello o Badoer. Le macchine sviluppate insieme a Fernando hanno avuto un andamento calante nel corso degli anni. Due novità alla guida potrebbero portare al team visioni differenti della gara e delle strategie.

In Ferrari, però, le parole di Mattiacci devono ancora essere assimilate. Cambiare, a volte, può essere doloroso, proprio come un sogno che non potrà diventare realtà.


venerdì 29 agosto 2014

Il Circuito Automobilistico di Vigevano, anno 1947


La città di Vigevano è rinomata soprattutto per la favolosa Piazza Ducale, contornata dal Castello e da un dedalo di viuzze dal sapore medioevale. Personalmente amo girarla a piedi, perché girarci in auto non fa per me.

Mi perdo, faccio fatica con i parcheggi, e i sensi unici minacciano la mia tranquillità.

Comunque, tornando ad argomenti più strettamente collegati a questo blog, arrivo al dunque: Vigevano, nel lontano 15 Giugno 1947, ospitò una gara automobilistica. Anzi, due.

Due gare distinte per due categorie di vetture. La più corposa, in quanto a numero di iscritti, fu quella relativa alle vetture categoria sport fino a 1500 di cilindrata. Ecco le auto partecipanti: Fiat 1100, Stanguellini S1100, Maserati 1500, Orca 1100, Lancia Aprilia e la Ferrari 125 S Competizione di Franco Cortese.

Proprio Cortese si aggiudicò la gara, davanti alle Stanguellini di Vincenzo Auricchio e Guido Scagliarini (rispettivamente a uno e due giri di distacco), coprendo i 72 km previsti, spalmati su 40 giri, a una media di 78.8 km/h. Giorno storico per la Ferrari: questa fu la prima vittoria assoluta della 125S Competizione (foto).


L'altra gara (126 km di lunghezza su 70 giri), destinata alle vetture di categoria corsa (cilindrata massima 1500), fu vinta dalla Cisitalia di Felice Bonetto, davanti alla Maserati di Luigi Villoresi.

Insomma, grandi nomi e grandi marche. Tuttavia il motivo di interesse è per me un altro, e riguarda un fattore poco conosciuto, almeno online: il circuito.

Grazie all'aiuto fondamentale del personale della Biblioteca Civica L.Mastronardi di Vigevano e dell'Archivio Storico Comunale, ho potuto raccogliere interessanti informazioni sul 1° (e unico) Circuito Automobilistico di Vigevano. La "bibbia" del circuito è contenuta interamente sul periodico L'Informatore Vigevanese. Prima di tutto, la mappa (l'orginale e la trasposizione su Google Maps):

Mappa pubblicata dall'Informatore Vigevanese, 6 giugno 1947 (Archivio Storico Comunale di Vigevano)
Il circuito sovrapposto a una mappa odierna della città di Vigevano.

Il circuito, lungo circa 1800 metri, partiva da Viale Alessandro Manzoni e in senso orario imboccava Corso Torino, Via L.Casale, Via Egidio Sacchetti. L'unica curva a sinistra, un tornantino, riportava indietro verso Via Bramante. Infine due curve ad angolo retto in Via Francesco Sforza per ritornare sul breve rettilineo di partenza. Il piazzale della Fiera, dunque, era il fulcro del tracciato. Nelle prossime foto faremo un tour virtuale a distanza di oltre 60 anni dal giorno più rombante che Vigevano abbia conosciuto direttamente.

Partenza e arrivo in viale Alessandro Manzoni. A sinistra erano posizionate le tribune. In fondo le vetture affrontavano una veloce piega a destra per immettersi in Corso Torino.
La svolta in via Casale.
Un'altra svolta a destra di uguale raggio per entrare in via Sacchetti.
Alla fine di via Sacchetti, un tornantino riportava nel piazzale della fiera. In questa foto, l'unica datata 1947, Felice Bonetto esce dalla curva alla guida della sua Ferrari numero 46.
L'immissione in via Bramante era composta da due semicurve probabilmente da percorrere con una sola traiettoria.
L'ennesima svolta a destra per entrare in via Francesco Sforza.
L'uscita dell'ultima curva che riporta al rettilineo delle tribune.

 Altri spunti interessanti... Eccoli:

- La gara fu organizzata dalla sezione locale dell'ACI.

- Inizialmente si parlava di una possibile partecipazione di Tazio Nuvolari e Achille Varzi, poi smentita dai fatti. Si iscrisse ufficialmente, invece, il vigevanese Galante; fu probabilmente l'unico pilota di casa.

- Una delle preoccupazioni maggiori era lo stato del manto stradale, soprattutto in via Casale. L'amministrazione comunale si occupò del rifacimento di alcuni tratti e della manutenzione di altri, con l'Informatore favorevole all'impegno: "Fin che si costruisce non si spende mai male".

- Dopo la gara, ecco il commento sui lavori: "Il comune ha rifatto la massicciata stradale con molta buona volontà ma con scarso scrupolo. La curva di via Casale s'è disfatta dopo due passaggi."

- La chiusura al traffico durò tre giorni, da venerdì 13 a domenica 15 giugno.

- Ecco le regole per l'ammissione alla gara dopo le prove ufficiali: "Le due corse saranno effettuate al massimo da 12 concorrenti ciascuna. Alle stesse parteciperanno i concorrenti che avranno ottenuto i tempi migliori nelle prove". I giri di qualifica permessi erano 5.

- Non è possibile risalire al numero di iscritti totale. Tuttavia nell'edizione dell'Informatore precedente alla corsa (in edicola il 13 Giugno 1947) i nomi elencati arrivavano alle 40 unità.

- A quanto pare l'incasso è stato meno del previsto, nonostante la buona affluenza di pubblico. Ecco il commento dell'Informatore: "Troppa gente e pochi soldi: ecco il paradosso. Troppi portoghesi e troppi biglietti d'invito. Troppe persone che fingono di darsi da fare per avere il biglietto d'ingresso e provocano un'indicibile confusione".

L'edizione dell'Informatore Vigevanese del 15 maggio 1947 dove viene data per la prima volta notizia della gara a Vigevano (Archivio Storico Comunale di Vigevano)
Il numero dell'Informatore Vigevanese dopo la gara (20 giugno 1947 - Archivio Storico Comunale di Vigevano)

Concludo con una frase dell'Informatore del 15 maggio 1947, data in cui fu servita ai lettori la notizia della gara (un solo mese, dall'annuncio alla bandiera a scacchi: che tempi): "Le società sportive nascono tutte dall'entusiasmo di un gruppo di tifosi, che sacrificano la loro tranquillità per l'onere di procurare agli altri le soddisfazioni dello sport. Più che tifosi, sono degli ingenui filantropi che credono più a sé stessi che alla logica, sicuri che lo sport sia il paradiso della passione. E' bene ed è male che sia così: è male perché il troppo entusiasmo fa sembrare facili le cose insormontabili con conseguenti disillusioni. E' bene perché è assai meglio sbagliare piuttosto di non tentare il rischio".



giovedì 28 agosto 2014

Monza, ambientalisti e sopraelevate


L'Autodromo di Monza è un cancro, dicono ecologisti e ambientalisti.

Che premessa, direte voi. Eppure è proprio questo il tono della discussione, una lite continua che dura dal 1922, anno nel quale il tracciato fu costruito.

Da una parte abbiamo la per nulla efficace SIAS, la F1, gli appassionati degli sport motoristici. Dall'altra, WWF e comitati vari, come ad esempio il Comitato per il Parco di Monza A.Cederna (uno dei più agguerriti).

L'intento dei comitati, nati per difendere il patrimonio naturale e ristabilire la situazione antecedente la costruzione della pista, è finalizzato all'abbattimento prima di tutto delle sopraelevate e, poco velatamente, anche di tutto il resto. "Tanto se Ecclestone si stufa qui non correrà più nessuno", dicono loro, probabilmente anche a ragione vista la squallida gestione dell'autodromo nei giorni in cui la F1 non c'è...

Il Parco, voluto dal figliastro di Napoleone e vicerè d'Italia Eugenio di Beauharnais e inaugurato nel 1808, era un prolungamento dei già esistenti Giardini Reali. Destinato a diventare una riserva di caccia dell'imperatore, il Parco ha avuto nel suo primo secolo di vita un carattere essenzialmente agricolo.

Dopo l'arrivo dell'autodromo nel parco è aumentata la superficie dedicata alle zone boschive e gradualmente i campi sono stati abbandonati. La biodiversità del parco è un gioiello derivato anche da questo cambiamento.

Il ruolo giocato dalle istituzioni é stato purtroppo decisivo nella distruzione della possibile armonia tra pista e parco. L'autodromo necessita manutenzione e periodici rinnovamenti, come del resto anche Villa Reale e le altre splendide ville e cascine immerse nel parco. La loro importanza non é stata mai considerata una priorità e oggi si vede. I restauri da fare sono parecchi e il circuito, a detta soprattutto di Ecclestone, è rimasto indietro rispetto a quelli degli altri GP europei.

Il comitato A.Cederna sostiene che la Villa Reale potrebbe avere lo stesso valore di Versailles, una volta eliminato l'autodromo. Tuttavia Versailles, essendo francese, ha dalla sua una miglior capacità gestionale... Come italiani non possiamo proprio dare lezioni in questo senso. Credo che comunque sia un paragone un po' forzato, pur con tutto il rispetto per la Villa Reale...


Gimmi Perego spiega in questo post, molto interessante, il rimpallo tra finanziamenti al Parco e all'Autodromo, e tra gli interessi SIAS e del Consorzio Villa Reale. Una cosa è certa, per ripristinare il valore del Parco e mantenere quello del GP d'Italia bisogna passare sul cadavere delle sopraelevate.


Le sopraelevate sono un caso a parte. Per gli appassionati è un mito del periodo d'oro delle corse. Chi ci correva non era dello stesso avviso: troppo pericolose. Chi le ha progettate ha fatto dei grossi errori di valutazione, e chi le doveva mantenere non ha mosso un dito. Oggi le sopraelevate non hanno ragione di esistere se non a scopo museale, e mi sento pur con tristezza di dover dire che la soluzione migliore sarebbe mantenerne solo una parte. Cercare di metterla a posto sarebbe probabilmente anacronistico.

L'area di Parco che verrebbe "liberata" da un'eventuale demolizione delle sopraelevate
Buttare a mare tutto il circuito come vorrebbero i comitati ambientalisti, invece, mi pare insensato. La camera di commercio ha stimato nel 2013 un indotto, generato dal solo Gran Premio d'Italia, pari a 31,5 milioni di Euro. Quindi la pista porta soldi; se questi non vengono ridistribuiti nè utilizzati per la comunità è un problema di persone, non dei motori.

mercoledì 27 agosto 2014

Monza e i record di velocità

Jean-Eric Vergne, attuale pilota della Toro Rosso, a maggio disse che quest'anno le nuove F1 turbo avrebbero potuto stracciare i record di velocità attualmente registrati.

Solo in pista potremo sapere se questo è vero. Però già che siamo qui possiamo vederli per davvero, questi record...

La conformazione del circuito di Monza è ideale per ottenere velocità massime davvero elevate, e pure velocità medie pazzesche. Infatti il circuito monzese detiene 5 record (per la F1) parecchio coerenti con la sua fama:

- Velocità massima assoluta in un weekend di gara. Lo ha stabilito Juan Pablo Montoya nel 2005 alla guida della sua Mclaren Mercedes V10, a 372.6 km/h.



- Velocità media sul giro più alta in qualifica. 260.3 km/h di media per Rubens Barrichello (Ferrari V10) nel 2004.


- Velocità media sul giro più alta nelle prove libere. 262.2 km/h di media per Montoya (Williams Bmw V10) nel 2004.

- Velocità media più alta nell'arco dell'intera gara. 247.5 km/h per Michael Schumacher (Ferrari V10) nel 2003. Il precedente primato monzese risaliva al 1971 e apparteneva al britannico Peter Gethin: con la sua BRM superò i 242 km/h.

Peter Gethin vince a Monza con solo 1 centesimo di vantaggio su Ronnie Peterson.
Quella del 1971 è la gara conclusa con il minor distacco tra primo e secondo classificato nella storia della F1.
- Durata minore assoluta di una gara senza bandiere rosse. Un'ora e 14 minuti totali per la vittoria di Schumacher nel 2003.


Tutti questi record sono giunti in un periodo nel quale il ritorno ai motori turbo non era ancora nei programmi. Tra il 2003 e il 2005 le velocità raggiunte dalle F1, soprattutto in curva, sono state le maggiori di sempre e difficilmente sarà possibile vedere battuti i record sulla velocità media. Per la velocità assoluta, invece, ci sono ottime possibilità, grazie non solo ai nuovi turbo ma pure alla potenza aggiuntiva dei dispositivi di recupero dell'energia.

Il record di velocità per l'era turbo precedente (1977-1988) era stato siglato anch'esso a Monza, con i 352.1 km/h raggiunti dalla Williams Honda V6 di Nelson Piquet. Correva l'anno 1987...


martedì 26 agosto 2014

I circuiti che la F1 non deve abbandonare

La Formula 1 é un universo in espansione geografica da sempre. Nascono e muoiono circuiti da gran premio praticamente ad ogni stagione.

Tuttavia, ci sono dei luoghi simbolo dove la F1 dovrebbe essere insostituibile, tracciati nei quali assegnare il doppio punteggio non sarebbe una bestemmia. Ricordiamo questa massima: gli sceicchi portano il grano e non il pubblico...

Tra questi che vedremo, Monza é ancora piú simbolico degli altri. Aleggia la presenza della passione per la Ferrari in ogni angolo, c'é la velocità, ci sono collegamenti infiniti che portano agli albori dell'automobilismo.

Vediamoli meglio, però, questi luoghi da pelo sullo stomaco...

1. Monza. A forma di scarpa nel paese dello stivale, trattasi di una serie praticamente di rettilinei interrotti da tre chicane (due lente e una veloce, la Ascari) e due curve a 90° un tempo velocissime (Lesmo). Bastano poche righe per descrivere il circuito, ma molte di più servono per spiegare perché non dovrebbe mai essere abbandonato. Il grande cuore rosso dei ferraristi, l'invasione di pista, il caos che regna sovrano tutto attorno al nastro d'asfalto (a cercar parcheggio ti incazzi molto ma vivi di sicuro un'avventura), i muri, le stradine, le costruzioni che riportano a origini ormai antiche, la vecchia parabolica, il bosco del Parco. E soprattutto, le grandi vittorie dei campioni: Schumacher, Piquet, Berger, Ascari, Fangio, Regazzoni, Scarfiotti, Moss, Peterson...

Alberto Ascari, Monza 1951

2. Montecarlo. Il principato del Glamour, degli yacht, del tunnel e dei commissari, i più veloci al mondo a spostare auto incidentate e a riparare il tracciato. La pista spauracchio dei debuttanti e degli scavezzacollo è un anacronistico appuntamento col rischio: guai a toglierlo dal calendario!

John Surtees, Montecarlo 1963

3. Silverstone. Non più tempio della velocità all'inglese, ma fascinoso tracciato capace di far innamorare i tifosi con le iniziative oltre alla gara di F1. Schumacher e Mansell ci hanno vinto e pianto, mentre la Ferrari ha conquistato qui la sua prima vittoria. Il simbolo dei costruttori inglesi in un luogo in mezzo alla campagna, dove una volta atterravano aerei da guerra.

James Hunt davanti a tutti, Silverstone 1977
4. Spa. In mezzo ai boschi, con condizioni meteo in continuo cambiamento, veloce in modo pazzesco e luogo fatato per chi ha del talento da vendere. Qui Alonso andava fortissimo già in F3000, Raikkonen ci ha vinto con macchine pessime, mentre Schumacher non lasciava spazio a nessun'altro. Ma ognuno di questi piloti, insieme a tutti gli altri, hanno passato nelle Ardenne momenti difficili, tra incidenti al via, guai tecnici e testacoda pericolosissimi in mezzo agli acquazzoni.

Spa 1992, Berger e Mansell
5. Montreal. Il muro dei campioni attende le sue vittime con la infima scritta "Benvenuti in Quebec", e la Safety Car lavora più del solito: due verità fondamentali del circuito canadese dedicato a Gilles Villeneuve. Veloce e assassino con i freni, è una pista che difficilmente può cambiare la sua conformazione, essendo stato costruito su un'isola artificiale in mezzo al fiume St.Lawrence. L'isola di Notre Dame era nata per ospitare attrazioni legate all'expo 1967. Altro che Rho Fiera...

Montreal 1994, dall'alto
6. Interlagos. Il gp del Brasile è un miscuglio impossibile da decifrare di passione, terrore, tensione e gioia. Soprattutto da quando è stato spostato a fine stagione, il gran premio offre gare interessanti e mai banali, con tanti colpi di scena, sorpassi e improvvisi cambiamenti climatici. I piloti brasiliani trovano energie mai viste mentre i team devono approntare misure di sicurezza elevate contro i probabili tentativi di furti e rapine...

Interlagos, 1979
7. Hungaroring. Fosse per il disegno del tracciato, il circuito ungherese non meriterebbe probabilmente di stare in calendario. Ci sono piste più veloci e più emozionanti. Però, grazie alla sua conformazione, questa pista mette il pilota in condizione di doversi inventare qualcosa... Il risultato sono gare splendide, con strategie dei team da kamikaze e sorpassi inimmaginabili come quello di Piquet su Senna anno 1986:


8. Red Bull Ring. Il circuito austriaco è stato un successone, in questo anno di grazia 2014, soprattutto per il pubblico e per le nuove regole, con più incertezza in pista. Un giro di giostra da poco più di un minuto in mezzo alle colline dove di regola dovrebbero pascolare le mucche. Evviva i saliscendi di questo tracciato (ma potrebbero benissimo riasfaltare la parte vecchia, non credo che sarebbe meno sicura di questa configurazione).



9. Suzuka. L'unico tracciato a 8, un mix di curve di diversissimo raggio e fattezza. Un settore fatto di curve e controcurve, un altro con tornantini e curve a 90°, l'ultimo velocissimo e infido. La Honda lo ha costruito per testare al meglio le proprie auto e moto, ma ora questa pista è diventata un bene comune. E anche i ferraristi ci sono affezionati, visto che qui Schumacher ha interrotto il digiuno di titoli mondiali piloti nel 2000.


10. Menzione speciale: Imola, Zandvoort, Nurburgring e Hockenheim. Per diversi motivi, questi circuiti (Imola e Zandvoort non sono più in calendario, i due tedeschi si alternano di anno in anno) dovrebbero essere un punto fisso per la F1. Purtroppo non possono più, davvero, farne parte. Imola, dopo la tragedia di Ratzenberger e Senna, è stata snaturata e resa purtroppo noiosa. Anche le recenti modifiche non hanno permesso al tracciato del Santerno di ritornare agli antichi splendori. In più, mancano gli sceicchi. Zandvoort è un circuito davvero storico per la F1 ma per tornare in calendario dovrebbe subire grosse modifiche per le strutture. Le vie di fuga non sono abbastanza ampie per la F1 e anche la zona box non è all'altezza della sontuosità dei tracciati moderni. Il Nurburgring - quello corto - è un bel circuito, anche divertente, ma non ha la stessa verve (mi pare quasi ovvio) del Nordschleife. Che, dal canto suo, non può ospitare gare con vetture a ruote scoperte per la mancanza palese di sicurezza in quasi ogni suo punto. E Hockenheim, punto dolente, oltre a perdere il suo cuore e il suo cervello con la distruzione dei rettilinei che lo contraddistinguevano, quest'anno ha perso anche tutto il suo pubblico. Nonostante la Mercedes domini il campionato!

Spero che Bernie legga e ne tenga conto. (LOL)

venerdì 22 agosto 2014

Il vecchio pazzo circuito di Spa

Spa: una pista amata dai piloti, attesa dai tifosi. Una pista tecnica, veloce, mitica per certi versi. In pochi metri offre un tornantino tra i più lenti del mondo e una curva tra le più ostiche in assoluto.

Ma questa pista, che ora misura circa 7 km, una volta era ancora peggio. Il tracciato, dal 1947 al 1978, era lungo il doppio, con curve maledettamente veloci e rettilinei infiniti. Sempre a tavoletta. Grazie alla crociata di Jackie Stewart e altri piloti, stanchi di dover fare la conta dei colleghi morti o gravemente feriti in quel di Spa, il circuito fu modificato drasticamente, trovando la forma attuale (nettamente più sicura).

Guardiamo, però, com'era girare a Spa quando, più che l'Eau Rouge, era la sequenza di Masta a mettere in crisi piloti e mezzi meccanici...

1966. Ecco un estratto della cronaca del GP del Belgio. Condizioni pessime quel giorno...


Ecco la parte del mitico film "Grand Prix" girata a Spa. Immagini stupende e molto poco "recitate"...


Come sono quei tratti di pista oggi? Ce lo spiega Martin Brundle in questo bellissimo servizio:


Questo è però il video più bello di tutti. Il prozio di Jules Bianchi (attuale portacolori della Marussia in F1), Lucien Bianchi, spiega in francese tutti i segreti della pista versione 1962. Grazie alla telecamera a bordo della macchina, si possono vedere tutti gli incredibili rischi che potevano occorrere ai piloti impegnati a Spa...

mercoledì 20 agosto 2014

il debutto in F1 di Andre Lotterer

A inizio stagione pensavo e ripensavo alla scelta di Kamui Kobayashi. Il giapponese che aveva dato spettacolo alla Sauber aveva rinunciato a un posto sicuro nelle GT con la Ferrari per continuare a vivere il paddock della F1.

Purtroppo, in una scuderia (molto) minore: la Caterham.

La scuderia anglo-malese era già in crisi finanziaria a inizio stagione; poi le cose sono peggiorate. Tony Fernandes (l'ex boss) ha venduto a Colin Kolles, che ha cominciato subito a rivoluzionare il team. Licenziamenti, cambi al vertice e piloti in discussione. Kobayashi soprattutto.

Ecco perché ora Kamui dovrebbe mangiarsi le mani... Appena prima del GP del Belgio, l'annuncio della Caterham: da Spa, a fianco di Ericsson, ci sarà Andre Lotterer.

Una scelta controversa.

Lotterer ha 32 anni; un'età strana per un debutto in F1, soprattutto dopo l'annuncio del 17enne Verstappen alla Toro Rosso. Non è un signor nessuno, il veloce Andre: ha vinto 3 volte la 24 Ore di Le Mans con la Audi, imprimendo sempre un ritmo indiavolato nei suoi turni di guida, fossero di giorno o di notte, sull'asciutto o con il bagnato. Il tedesco ha doti velocistiche assolute e ha molta esperienza anche con le ruote scoperte, visto che ha corso per anni in Formula Nippon (ora Super Formula) e si è formato in F3 come la maggioranza dei colleghi.



Aveva già provato la F1 in test privati con la Jaguar nel 2002. Altro team, altra epoca, nessun bagaglio formativo che potrà essergli utile oggi. Lotterer ha sicuramente il passo dei colleghi e l'esperienza con team di livello professionale pazzesco, ma la sua performance a Spa sarà un grosso punto interrogativo.

Lotterer nel 2002
La Caterham non è riuscita a costruire un telaio né decente né in grado di sopperire in alcun modo ai difetti della power unit Renault; come potrà farla volare Lotterer se già un pilota forte come Kobayashi non è riuscito a cavare un ragno dal buco?

La beffa finale per Kamui arriva sempre dalla Caterham, che ha annunciato la sua permanenza nel roster dei piloti a disposizione...


martedì 19 agosto 2014

Max Verstappen, il pilota di F1 più giovane di sempre

Nel 2015 debutterà in F1 con la Toro Rosso un pilota destinato a far parlare molto di sè. Si chiama Max Verstappen, e sì, è il figlio del noto Jos Verstappen, pilota in F1 con Benetton, Simtek, Tyrrell, Arrows, Stewart e Minardi.

Max Verstappen
Mentre Jos è ricordato più per le fiamme attorno alla sua Benetton (incidente avuto al GP di Germania 1994) e per i suoi alti e bassi, con 2 podi all'attivo e tante uscite di pista, il figlio Max è considerato da molti una futura stella dell'automobilismo mondiale.

Max e Jos Verstappen
L'olandesino rileverà il posto di Jean-Eric Vergne a soli 17 anni, stabilendo un record assoluto per la Formula Uno. Max è nato il 30 settembre del 1997 (quell'anno il padre guidava la Tyrrell) e ha già stupito tutti per la sua già esaltante carriera; nei kart ha vinto praticamente tutto, tra titoli nazionali e internazionali. Quest'anno sta gareggiando nel FIA European F3 Championship, facendo incetta di vittorie e rivaleggiando con un altro debuttante di lusso, Esteban Ocon.

Con il russo Daniil Kvyat, classe 1994, formerà in Toro Rosso la coppia più giovane della storia della F1. All'inizio della stagione 2015, infatti, Max avrà 17 anni e 6 mesi, mentre Kvyat 20 anni e 11 mesi. Il record di Max potrebbe resistere anche molto a lungo, a meno che a qualche altro team non venga in mente di ingaggiare un ragazzino direttamente dalle scuole medie.

Il pilota più giovane ad aver partecipato ad una gara di F1 è ufficialmente ancora Jaime Alguersuari, in attesa di essere battuto dal piccolo Verstappen. Lo spagnolo debuttò, sempre con Toro Rosso, nel GP di Ungheria del 2009 a 19 anni e 125 giorni. Potrebbe essere in pericolo anche il record per il vincitore di GP più giovane, che attualmente appartiene a Sebastian Vettel; il 4 volte campione del mondo vinse il GP di Monza 2008 a 21 anni e 73 giorni.

Jaime Alguersuari perderà il suo record nel 2015
Tuttavia Max non ha potuto battere il record per il pilota più giovane ad aver mai provato una F1. Quel record appartiene al malese Nabil Jeffri, che nel 2010 provò la Lotus (ora Caterham) a soli 16 anni.

Nabil Jeffri parla con Heikki Kovalainen (di spalle). Il suo record, per ora, è al sicuro
Molti si interrogano su questo ingaggio. Max potrebbe essere troppo acerbo per entrare in un mondo come quello della F1, senza aver prima "assaggiato" potenze più elevate di quelle presenti in F3. La realtà è però dalla sua parte: il padre conosce bene l'ambiente; Kvyat ora e Raikkonen in passato hanno dimostrato di essersi adattati in fretta dopo il grande salto; Toro Rosso è il team giusto per far debuttare i giovani, nonostante la grande pressione interna che ha mandato gambe all'aria piloti anche ottimi, come lo stesso Alguersuari, oppure come Buemi, Speed, Bourdais e... Vergne.

Dal punto di vista della guida, Max è parecchio aggressivo, molto spettacolare da vedere ma a quanto dicono i risultati anche redditizio. La Red Bull, molto attenta a scovare i talenti nelle formule minori, ha subito voluto mettere le mani su di lui. Se confermerà le altissime aspettative anche nella sua prima stagione in F1, non ci vorrà molto per vederlo passare dalla Toro Rosso alla Red Bull, a fianco probabilmente di Daniel Ricciardo.

Buona fortuna, Max!

giovedì 14 agosto 2014

Il costo (a punti) dei piloti di F1


Ogni anno viene pubblicata la lista degli stipendi dei piloti di F1. Oltre a essere interessante dal punto di vista numerico (alcune sono cifre davvero astronomiche) questa classifica propone degli ottimi spunti di riflessione.

Quello che vi propongo, diversamente dalla versione base, è il calcolo del costo per punto di ogni singolo pilota. Siamo a metà stagione, quindi questo calcolo a fine stagione potrebbe assumere un tono diverso.

Prendiamolo come gioco, allora.

Cominciamo con la classifica per stipendi, con valori espressi in Euro. Oltre i 15 milioni di Euro a stagione ci sono i 5 campioni del mondo iscritti; Rosberg, primo nel mondiale, si ferma a 12 milioni. Dietro il vuoto: Massa e Hulkenberg a 4 milioni, Grosjean, Perez e Maldonado a 3 milioni, Sutil a 2. Bottas sta facendo una grande stagione e guadagna "solo" 1 milione di Euro, ma ancora più strana è la posizione di Ricciardo: solo 750000 euro per un pilota che ha vinto una gara ed è 3° nella classifica.

Raikkonen 22M
Vettel 22M
Alonso 22M
Hamilton 20M
Button 16M
Rosberg 12M
Massa 4M
Hulkenberg 4M
Grosjean 3M
Perez 3M
Maldonado 3M
Sutil 2M
Magnussen 1M
Bottas 1M
Vergne 750000
Ricciardo 750000
Bianchi 500000
Gutierrez 400000
Kvyat 250000
Chilton 200000
Ericsson 150000
Kobayashi 150000

Dividendo per i punti conquistati abbiamo una situazione decisamente più interessante. Nella colonna di destra si possono vedere i soldi guadagnati da ogni pilota per ogni punto conquistato.

Raikkonen 814815
Grosjean 375000
Button 266667
Vettel 250000
Bianchi 250000
Alonso 191304
Hamilton 104712
Perez 103448
Massa 100000
Vergne 68182
Rosberg 59406
Hulkenberg 57971
Kvyat 41667
Magnussen 27027
Bottas 10526
Ricciardo 5725


Raikkonen guadagna più di 800mila Euro a punto, seguito da Grosjean e da Button. Vettel e Bianchi sono appaiati a 250mila Euro. Rosberg guadagna solo 59mila Euro a punto, ma sono sempre Bottas e Ricciardo i più "convenienti" del gruppo. Certo, le macchine contano, ma tra i piloti con più soldi guadagnati a punto ci sono due senatori (Raikkonen e Button) e un pilota apparentemente giù di morale (Vettel)...


Stride soprattutto il dato su Raikkonen, soprattutto ora che i suoi risultati languono. La Ferrari forse farebbe meglio a disfarsi di un oneroso contratto tra i due, e puntare su un giovane (Bianchi, Marciello) con un ingaggio inferiore. Red Bull è riuscita nel giochino, grazie a Ricciardo, almeno fino alla fine della stagione; poi l'australiano potrà chiedere un giusto aumento...


mercoledì 13 agosto 2014

Se io fossi un pilota...

Se io fossi un pilota... un sogno innocente che nasce in tenera età, per poi far spazio alla realtà. No, non sono diventato un pilota. Probabilmente mio padre non avrebbe mai appoggiato la mia decisione. Ma soprattutto io stesso non avrei permesso alla mia famiglia di spendere più denaro del normale.

La passione però rimane. Rimarrà sempre. E ogni tanto questa passione mi fa pensare: cosa farei se fossi un pilota?

Probabilmente seguirei un percorso che nessuno fino ad oggi ha mai tentato di portare a termine.

La maggioranza dei piloti europei sogna di vincere il Mondiale di F1. La maggioranza di quelli americani, invece, sogna di vincere il campionato Nascar o la 500 miglia di Indianapolis. I francesi bramano la 24 Ore di Le Mans. I tedeschi la 24 del Nurburgring. E via dicendo.

Nessuno, però, hai mai provato a vincere tutte le gare più importanti nell'arco della propria carriera. Gare, non campionati. Non che i campionati facciano schifo, però...

Ecco cosa farei... Proverei a vincerne 10:

- La 500 Miglia di Indianapolis. Perché è una gara tosta, pericolosa, ha un contorno speciale e una coppa da far girare la testa. Una centrifuga di emozioni sempre a tavoletta.


- La 24 Ore di Le Mans. Chi gareggia lì assomiglia a una trottola che concentra in un giorno tutta la fatica di un anno. A velocità folli.


- La 24 Ore del Nurburgring. Mi accomunerebbe ai grandi del passato, in un circuito dalla difficoltà estrema.


- La 24 Ore di Daytona. Imprevedibile. Rustica. Appassionante. Su un nastro di asfalto strettissimo.


- Il GP di Montecarlo. Due guardrail insidiosi ai lati della macchina, nel circuito nel quale la precisione è un fattore fondamentale.


- La Daytona 500 Nascar. La gara più prestigiosa della serie, nella quale servono palle d'acciaio e strategie geniali.


- La Bathurst 1000. Nel regno delle V8 australiane, con i canguri a pochi metri e un saliscendi tortuoso e complicato dove l'aderenza è precaria.


- La 1000 Km di Suzuka. Qui i piloti giapponesi diventano leoni. La difficoltà del campionato Super GT giapponese è sempre alta, data l'estrema competitività di tutti i team.


- La F3 a Macao. La gara più pazza del mondo nel circuito più strano e caotico in assoluto.


- La salita al Pikes Peak. 156 curve fino a 4300 metri d'altezza, per un totale di 16 km da brivido, senza parapetti né vie di fuga.



Avrei anche voluto aggiungere anche il Rally di Finlandia, ma la versione attuale non è esattamente come quella dei pionieri. Infatti quel rally si chiamava 1000 Laghi...

Forse i piloti veri potrebbero dirmi: impossibile, alcune gare sono troppo per specialisti e alcune altre hanno dietro una preparazione talmente lunga da rendere impossibile l'approccio ad altre faccende. Però io penso a Kristensen e dico che la carriera di un pilota può durare dai 16 ai 50 anni. E dico anche che per alcuni piloti che hanno difficoltà a trovare gli stimoli giusti questa sarebbe la soluzione migliore.

Diventare il miglior pilota di sempre.

Bello, eh?