Mai bombe al ciel sereno, piuttosto romanzi dal finale scontato: sono gli annunci riguardanti le difficoltà dei piccoli team della F1.
Stritolati dalla morsa delle grandi scuderie, i team minori hanno superato enormi difficoltà nella stagione in corso, e due di loro (salvo miracoli) molto probabilmente non riusciranno a scendere di nuovo in pista. Sono Caterham e Marussia, lo sanno anche i muri.
Il problema è che pure Force India, Sauber e Lotus sono "in grossa crisi", come direbbe Quelo. La Williams deve far fronte agli investimenti per tornare al vertice, per cui non si può considerare salva. Toro Rosso dipende dal rubinetto Mateschitz: se chiude quello, tanti saluti. Mclaren, in attesa di Honda, non ha più un main sponsor...
Ovviamente, non è la prima volta che un team (nel 2014, due...) si ritira nel corso della stagione. Sono stati pochissimi, nella storia, i casi risoltisi in un ritorno l'anno successivo.
Sono addirittura 13 i team, a partire dalla stagione 1990, ad aver abbandonato il circus a stagione in corso senza mai farvi ritorno. Se Marussia e Caterham dovessero chiudere definitivamente, la statistica diventerebbe ancora più spietata...
L'ultimo team a chiudere battenti anzitempo è stata la
Super Aguri, nel 2008. La squadra, di proprietà di Aguri Suzuki, era il team satellite della Honda. A causa di mancati pagamenti da parte degli sponsor e di acquisizioni rifiutate o non andate in porto, al team fu negato di correre il GP di Turchia, con il team manager della Honda Nick Fry non più disposto a supportare la causa. Aguri Suzuki non ha chiuso le sue attività in pista, e ora è impegnato nel Super GT giapponese e in Formula E. Prima di chiudere il team aveva corso la sua migliore stagione, concludendo 9° in campionato con 4 punti.
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Sato davanti a Davidson con le Super Aguri 2008 |
Nel 2002 si ritirò dalle corse il glorioso team
Arrows, sede a Leafield (curiosamente la stessa di Super Aguri e Caterham...), e fondato nel 1977. La Arrows detiene il record delle gare disputate senza alcuna vittoria (382 con 5 secondi posti), l'ultima delle quali è stata il GP di Germania 2002. Alla fine di quell'anno, dopo due tentativi di acquisto da parte di Pollock e Mateschitz, il team andò in liquidazione. Una fine brutta, con cause intentate dai piloti e una cattiva gestione di risorse e sponsorizzazioni.
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Heinz-Harald Frentzen sulla Arrows 2002 |
Nel 1997 la
Lola, dopo anni di presenza in F1 come fornitrice di telai, decise di entrare in F1. Ottime sponsorizzazioni (Mastercard e Pennzoil), un pilota di talento (Sospiri) e uno con la valigia (Rosset). In Australia Sospiri si becca 11 secondi di distacco, Rosset addirittura 13; il risultato è una non qualificazione apocalittica. Haas fa bene a prendersi il tempo che gli serve, visto questo precedente: la Lola doveva scendere in pista nel 1998, ma la fretta in questo caso fu davvero pessima consigliera. Al GP brasiliano la scuderia non scende in pista e torna a casa; dopo qualche giorno viene gettata la spugna.
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Vincenzo Sospiri (Lola '97) |
L'anno precedente era stata la
Forti a chiudere. Il team italiano, protagonista della F3000, aveva fatto il grande salto nel 1995. Zero punti e tanti problemi a produrre abbastanza velocità nella prima stagione, nonostante le sponsorizzazioni portate da Diniz. Nel 1996, con Badoer e Montermini alla guida, il team fece ancora più fatica a causa della nuova regola del 107%. Ne risultarono tante non qualificazioni e una rapida perdita di credibilità. Guido Forti decise di vendere il team. Il nuovo proprietario (nome: Shannon Group) voleva debuttare in F1 nel 1998 ma entrò prima, con nuove livree e sponsor. Il responsabile, tale Hermann Ben Gartz (citato tra le carte del processo Publitalia su Berlusconi e Dell'Utri) non pagò mai le quote cedute da Forti, decretando in sostanza la condanna del suo team. Un caso simile a quello di Caterham.
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La Forti 1996 di Badoer, con i colori Shannon |
La storia della
Simtek, scuderia chiusa nel 1995, è stata a dir poco tragica. La morte di Ratzenberger al secondo GP della storia del team è stata un'ombra che mai Nick Wirth e compagnia sono riusciti a scrollarsi di dosso. Una macchina inaffidabile, che mandò all'ospedale pure Montermini, e troppo lenta per competere sia nella stagione 1994 sia l'anno successivo. Un finanziatore si tirò indietro nel 1995 poco prima del GP di Montecarlo, e la sponsorizzazione che doveva portare Hideki Noda fu seriamente compromessa dal terremoto di Kobe, un cataclisma che danneggiò molte delle aziende interessate al team. Il team e la struttura Simtek Research, fondata da Wirth e Max Mosley nel 1989, furono di conseguenza costretti a chiudere.
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Domenico Schiattarella, a Monaco nel 1995, sulla Simtek |
Nel 1993 la Brixia Motor Sport, conosciuta come
BMS Scuderia Italia in F1, non riuscì a completare la stagione saltando gli ultimi due gran premi. Alla fine del 1992, dopo gli ottimi risultati conseguiti nel massimo campionato, la Dallara chiuse il programma F1, costringendo BMS a passare ai telai Lola. La stagione fu deprimente, ma a differenza del solito copione, il fondatore Giuseppe Lucchini trovò una soluzione interessante: fondere il proprio team con quello di Giancarlo Minardi, anche lui a caccia di soldi sonanti per rimanere in pista. Nel 1994, infatti, si schierò in pista il team BMS Minardi.
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Michele Alboreto sulla bella ma lenta Lola BMS del 1993 |
Durante la stagione 1992 furono ben tre i team costretti ad abbassare la saracinesca per sempre. Tra il GP di Ungheria e quello di Italia (passando per la gara a Spa) scomparvero nell'ordine la mitica
Brabham, la carnevalata
Andrea Moda e la
Fondmetal di Gabriele Rumi.
La Brabham, capace nel decennio precedente di vincere gare e mondiali, aveva cambiato proprietario già diverse volte. Nel 1989 il team fu acquisito dal miliardario giapponese Koji Nakauchi (Middlebridge Group), ma i suoi miliardi non vennero mai usati per far crescere il team. Il declino si concluse con i mancati pagamenti degli sponsor di Giovanna Amati, con le prequalifiche fallite da Damon Hill e con un finanziatore arrestato per corruzione.
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Damon Hill sulla Brabham 1992 |
Il team Andrea Moda, guidato da Andrea Sassetti (imprenditore calzaturiero), era formato dallo staff della Coloni, aveva un telaio Simtek originariamente destinato a un ritorno in F1 di BMW e pochi, pochissimi soldi da parte. Una serie incredibile di spaventose mancanze (McCarthy, poi diventato lo stig nero, fatto scendere in pista con le gomme da bagnato in una giornata assolata, motori Judd prestati da Brabham per non aver pagato le forniture, titolare e team manager arrestati per frode) culminò con l'esclusione dal campionato da parte della FIA per "aver danneggiato la reputazione della F1".
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Uno dei pochi momenti in pista per McCarthy sulla Andrea Moda '92 |
La Fondmetal acquistò nel 1990 gli asset del team Osella senza, però, migliorarne i risultati. Nel corso delle due stagioni disputate, 1991 e 1992, il team riuscì solamente a conquistare solo due 10° posti, con tante non qualificazioni e ritiri. I soldi erano davvero pochi; Gabriele Rumi decise allora, prima di accumulare altri debiti ed inseguire chimere, di ritirarsi dal campionato. La Fondmetal è ancora oggi un prestigioso produttore di cerchi, usati anche in F1 da Toyota e... Caterham negli ultimi anni; la lungimiranza di Rumi ha permesso di uscire dalla F1 in modo dignitoso, senza compromettere la propria azienda.
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Andrea Chiesa sulla Fondmetal, stagione 1992 |
La francese
AGS chiuse nel 1991 anch'essa per problemi finanziari. Si dice che il team non avesse i soldi nemmeno per pagarsi il pranzo, al primo gran premio di quella stagione. Gabriele Rafanelli e Patrizio Cantù comprarono il team dal controverso imprenditore Cyril De Rouvre, ma il loro sforzo economico non riuscì a produrre risultati. Al GP di Spagna il team chiuse, evitando le onerose trasferte in Giappone e Australia.
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Gabriele Tarquini a Spa con la AGS 1991 |
Altri tre team non riuscirono a partecipare a tutti i GP annuali nella stagione 1990: Onyx, Eurobrun e Life.
Le sfortune del team
Onyx dipesero dallo stravagante comportamento del suo fondatore. L'eccentrico belga Van Rossem (5 anni in prigione per evasione fiscale) fondatore di Moneytron e del team, fu presto stufo di versare soldi e accompagnare la squadra nel mondo del motorsport. Quando decise di vendere le quote del team al collezionista d'auto Peter Monteverdi e a Karl Foitek, padre del pilota Gregor, il team navigava già in pessime acque. Proprio Gregor Foitek dichiarò nel 1990 di non voler più guidare per il team, definendo la macchina una trappola mortale. La mancanza di denaro si produsse infatti in decisioni assurde, come ad esempio l'utilizzo di pezzi provenienti dalla collezione d'auto di Monteverdi e l'assemblaggio al risparmio di componenti fondamentali come le sospensioni. Il ritiro dal motorsport fu obbligato. Peccato, perché nel 1989 il team era riuscito a classificarsi 10° su 21 iscritti.
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JJ Lehto sulla Onyx 1990 |
Il team
Eurobrun era in pratica la combinazione tra l'anima corsaiola della Euroracing di Pavanello e le finanze del magnate Walter Brun. Dopo la difficile stagione '88, nel 1989 il team non riuscì mai a qualificarsi, con un declino costante verso la debacle finale del 1990, campionato non concluso per mancanza di fondi.
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La Eurobrun del 1990, guidata da Roberto Moreno |
La
Life di Ernesto Vita, sede a Formigine, piloti Giacomelli e Gary Brabham, tentò l'avventura in F1 con il motore stellare W12 di Franco Rocchi, non riuscendo mai a qualificarsi. Il motore non superò la fase di studio, risultando nei fatti poco competitivo; il telaio, identico a quello della First 1989 (altro team fallito prima di cominciare), era il più pesante del lotto; la guidabilità era pessima. Fu una delle F1 peggiori della storia, con distacchi da paura: dai 5 ai 10 secondi più lenta dell'ultima delle pre-qualificate, dai 15 ai 25 secondi più lenta della pole position. Ovviamente non c'era spazio per un'avventura del genere: il team chiuse al GP di Spagna 1990.
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Gary Brabham sulla Life a Interlagos (1990) |