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venerdì 20 novembre 2015

Il riassunto della stagione 2015: Blancpain Endurance Series

Il mondo dell'Endurance aveva un vuoto, qualche anno fa. Mancava una serie nella quale si potessero coniugare l'anima delle GT con un parco partenti degno di nota. La Blancpain Endurance Series ha portato la ventata d'aria fresca necessaria, e ora il mondo delle GT (anzi, delle GT3) ha un suo spazio ben definito. Stephane Ratel è l'uomo dietro a questo successo. La speranza è che la sua organizzazione mantenga le responsabilità acquisite, dando alle GT la giusta dimensione senza vivere all'ombra di singoli eventi come le 24 Ore di Daytona e di Le Mans, comunque importanti ma focalizzati maggiormente sulle LMP1.



I numeri sono fantastici e soprattutto anti-crisi: oltre 50 vetture iscritte a ognuno dei cinque appuntamenti (cioé la 3 ore di Monza, la 3 ore di Silverstone, la 1000 Km del Paul Ricard, la 24 Ore di Spa e la GT500 del Nurburgring); 11 marche differenti (Aston Martin, Audi, Bentley, BMW, Ferrari, Jaguar, Lamborghini, Mclaren, Mercedes, Nissan, Porsche); 4 vincitori diversi in 5 gare, sia come equipaggio sia come marca.


PRO CUP

Laurens Vanthoor non è riuscito a ripetere l'impresa solitaria del 2014, lasciando la corona della classifica PRO al trio Nissan composto dal britannico Alex Buncombe, dal giapponese Katsumasa Chiyo e dal connazionale belga Wolfgang Reip, pilota proveniente dal mondo GT Academy. I ragazzi terribili del team RJN hanno conquistato la vittoria alla 1000 Km del Paul Ricard e un fondamentale terzo posto al Nurburgring. 

Buncombe, Chiyo e Reip hanno sfruttato la pessima giornata di Stippler e Ortelli, prima del Nurburgring in testa al campionato e grandi favoriti in relazione al vantaggio di punti che avevano. Il loro 14° posto in terra tedesca, dopo una gara anonima, li ha relegati addirittura al terzo gradino del podio nella classifica finale, dietro anche al trio britannico della Bentley Kane/Meyrick/Smith.

La Nissan di Buncombe, Chiyo e Reip

L'unico equipaggio a trionfare in due occasioni è stato quello del team neozelandese Von Ryan. La Mclaren 650S guidata da Rob Bell, Kevin Estre e Shane Van Gisbergen ha vinto a Silverstone e al Nurburgring.

Estre, Van Gisbergen e Bell

La maratona di Spa, quella 24 Ore che è finalmente tornata ai livelli che le competono, è stata vinta dall'equipaggio BMW gestito dal team Marc VDS con alla guida Nick Catsburg, Lucas Luhr e Markus Palttala. Peccato invece per Bastian/Dusseldorp/Juncadella, a lungo in testa con la Mercedes SLS AMG del team Rowe, spinti indietro nella classifica per via di un guasto ai freni.

Ottime prestazioni anche per gli italiani, con Fabio Babini vincitore a Monza con la Lamborghini Huracan del team austriaco Grasser Racing (insieme a Mul e Andrew Palmer), e con Bortolotti e Venturini 12° nella classifica finale e quasi sempre competitivi (anche loro alla guida di una Lamborghini del Grasser Racing). A punti anche Bonanomi, Pier Guidi, Mortara e Zanardi, quest'ultimo protagonista soprattutto a Spa.

Diverso il discorso nella PRO AM, dove l'Italia è stata protagonista assoluta. L'AF Corse ha vinto il titolo grazie al duo Cameron/Griffin (affiancati a partire da Le Castellet dal portoghese Francisco Guedes e anche da Davide Rigon per la sola 24 Ore di Spa). Il team di Amato Ferrari ha piazzato le proprie Ferrari 458 Italia anche al 6° posto finale (con Bruni/Lathouras/Lemeret/Pier Guidi, vincitori di classe a Spa), all'11° (De Leener/Sbirrazzuoli - a Spa coadiuvati da Gianmaria e Vilander) e al 22° (Cioci/Perazzini/Potolicchio). Sono stati classificati anche Kemenater e Lancieri, con un punto ciascuno.

La 458 Italia vincitrice a Spa con Bruni e Pier Guidi (AF Corse)

C'è un altro italiano ben piazzato in questa classe. Si tratta di Alessandro Bonacini, classe '80, habitué di Porsche e Ginetta e quest'anno a bordo della Ferrari 458 Italia portata in pista dalla luganese Kessel Racing. Il secondo posto finale nella classifica PRO AM è arrivato grazie alla vittoria al Paul Ricard e ai terzi posti di Monza e del Nurburgring, conquistati insieme al polacco Michael Broniszewski e al britannico Michael Lyons.

La Ferrari ha quindi concluso il campionato PRO AM portandosi a casa tre vittorie, una delle quali arrivata a Monza con il team belga Rinaldi Racing (nell'occasione con i piloti Salikhov e Siedler), mentre Aston Martin e Jaguar hanno vinto le gare rimanenti, rispettivamente a Silverstone con i britannici Leonard e Meadows (Leonard Motorsport) e al Nurburgring con il sodalizio tutto svizzero composto da Barth, Frey e Gardel (Emil Frey Racing).

La Jaguar della Emil Frey guidata da Barth, Frey e Gardel
Classifica Piloti PRO AM finale (LINK)
Classifica Team PRO AM finale (LINK)


AM

La vittoria finale è andata al duo britannico Ian Loggie/Julian Westwood, piloti del Team Parker e alla guida di un'Audi R8 LMS. Un successo largamente dovuto alla grande prestazione nella 24 Ore, dove hanno guidato praticamente sempre la classifica della loro classe finendo addirittura 14° assoluti.

Il loro vantaggio in termini di punti non ha permesso al trio Haring/Konstantinou/Schmickler di raggiungerli, e nonostante il loro terzo posto finale al Nurburgring Loggie e Westwood hanno mantenuto la leadership per una sola lunghezza.

Buona Italia anche qui, con il terzo posto nella classifica conquistato da Zanuttini (insieme a Earle e Talbot) con il Kessel Racing. Quarti invece Mancini e Mastronardi (che hanno corso con il russo Birzhin), piloti del team svizzero Glorax e protagonisti assoluti nelle prime tre gare con una vittoria al Paul Ricard, il secondo posto a Silverstone e il terzo a Monza. Se i tre avessero corso anche nelle rimanenti gare avrebbero certamente detto la loro per la vittoria finale, e questo è un po' un rammarico.

La Ferrari di Mancini e Mastronardi protagonista nella classe AM

A punti anche Riccardo Ragazzi, Howard Blank (con la AF Corse) e Beniamino Caccia.

Menzione speciale per l'ex portiere della nazionale francese Fabien Barthez. Il campione del mondo di Francia '98, convertitosi all'automobilismo, ha vinto in questa classe nell'ultimo appuntamento al Nurburgring, insieme a Anthony Pons e a bordo della Ferrari 458 Italia del team francese AKKA.

Fabien Barthez

mercoledì 25 marzo 2015

Luca Lorenzini, veloce per davvero

Quante volte abbiamo sentito dire dalle nostre mamme e dai nostri papà la frase "piantala di giocare con i videogiochi e vai a studiare, che è meglio"? A questa affermazione si può rispondere che videogiocando si possono realizzare dei desideri altrimenti improbabili.

Nel motorsport la GT Academy, messa in piedi da quei geniacci di Gran Turismo e da Nissan, ha reso professionisti piloti affermati come Ordonez e Mardenborough, e ha dato opportunità ad altri ragazzi di scendere in pista a ben figurare.

Il nostro Luca "Giagua" Lorenzini, classe '83, fa parte di questa ristretta cerchia di piloti passati dalla console alla pitlane, per altro con merito. Luca è campione in carica della Lotus Cup Italia e presenza fissa attorno alle poisizioni da podio più o meno in tutti i campionati in cui ha partecipato (tra cui il Maserati Trofeo, la Green Hybrid Cup, il campionato inglese Britcar). Nonostante un inizio di stagione travagliato, con la partecipazione alla 12 Ore del Mugello resa impossibile da guai tecnici (problemi che hanno per altro sollevato un enorme discussione su Facebook che si è trascinata per settimane), Luca ha mantenuto l'ottimismo e l'umiltà che lo contraddistinguono.



Cosa farai nel 2015 dopo un 2014 davvero positivo?
"Attualmente sto lavorando per mettere insieme un programma più ambizioso. Mi sembra giusto, dopo alcuni anni nei monomarca, provare una sfida nuova. Ci sono tanti campionati interessanti, come ad esempio l'Italiano GT, dove potrei essere competitivo. Arrivo inoltre da una annata nella quale mi sono divertito moltissimo. Avevo scelto la Lotus Cup per due motivi: uno, i costi erano accessibili; due, essendo "allergico" alle trazioni anteriori ho subito apprezzato le doti della Elise appena l'ho provata. Inizialmente, tuttavia, non era nei piani gareggiare tutta la stagione. Grazie all'aiuto della famiglia Fiore ho potuto completare il tutto, vincendo il titolo all'ultimo respiro e prendendomi delle belle soddisfazioni, come battagliare con piloti forti come Ivan Capelli".



Il mantovano di Acquanegra sul Chiese ha un'officina meccanica - lavoro di famiglia - e si differenzia dai colleghi piloti per via del diverso background...
"La passione per i motori, con l'officina di famiglia, era facile da prevedere! Non avendo le risorse per correre con i kart e con le monoposto - potevo solamente fare qualche gara di autocross qua e là - da qualche parte dovevo comunque sfogare la voglia di competere. Così ho cominciato a darmi da fare con i simulatori di guida. Nel 2005 vinsi il primo campionato italiano di Gran Turismo, e a soli 22 anni mi arrivò a casa un premio pazzesco, una 350Z! Purtroppo a quell'epoca non potevo permettermi di mantenerla, così fu messa in vendita... Poi arrivò la finale europea nel 2008 e la vittoria nel 2010".

Luca Lorenzini (al centro) premiato nel 2005 per la vittoria nel Campionato Italiano Gran Turismo 4

L'edizione 2010 ha dato il là alla tua carriera.
"Fu incredibile. Io e gli altri aspiranti piloti ci siamo trovati in questo ambiente fantastico, con istruttori come Johnny Herbert, Eddie Jordan e Sabine Schmitz. Gente abituata a vedere talenti in pista da anni, mentre noi avevamo a disposizione solo il manettino della Playstation. Tuttavia li abbiamo spesso sorpresi per la capacità di adattamento in un clima competitivo. Mi ricordo che in pochi giorni imparammo una quantità di cose enorme, e anche dopo le finali il team e gli istruttori non mancarono mai di dare consigli e di seguire le nostre gare. I giorni delle gare in Inghilterra rimarranno indimenticabili".


Jordan Tresson e Luca Lorenzini sul podio a Snetterton

Un percorso formativo del genere può essere indigesto per i puristi, non credi?
"Di solito, al primo impatto, i colleghi non si accorgono molto della differenza. Non sono in tanti a sapere per filo e per segno cosa ho fatto nella mia carriera e da dove vengo, ma i risultati confermano che non sono un fermo. In passato è capitato che chiedessero informazioni a fine gara e io rispondevo che fino a qualche tempo primo giocavo con la Playstation. In effetti è una risposta spiazzante. Io credo però che sia la pista a dare il verdetto, in fin dei conti, e non le gare fatte o non fatte in passato".

Ti sei mai interessato al mondo delle corse online statunitensi - quelle ufficiali di iRacing - dove ci si può ritrovare in pista con piloti che corrono realmente in Nascar, in Indycar o nel Tudor United Sportscar Championship?
"Non ho mai provato a correre online da quelle parti, ma di sicuro negli Stati Uniti si è formato un ambiente interessante e in continua crescita. Loro con la comunicazione e con il marketing sanno fare delle cose bellissime e i piloti veri, quelli con la P maiuscola, vanno a fare le corse online anche con discreti risultati. Tutto è in funzione di un maggior coinvolgimento degli appassionati nelle corse e in ciò che gira attorno ad esse".

E noi abbiamo ancora molto da imparare.
"Negli States sanno fare le cose in grande online, ma nella realtà è ancora meglio, con tutto il pubblico che portano sulle piste e con le iniziative che mandano avanti, ad esempio in Nascar. Tutto questo porta a una riflessione amara: è evidente che da noi non è ancora stata trovata la formula giusta. Andare in un autodromo italiano, sia come pilota sia come spettatore, e vedere le tribune quasi deserte è davvero una cosa triste. Va tutto ripensato per coinvolgere di più il pubblico, perché ci sarebbero vantaggi indubbi per tutti".