venerdì 25 luglio 2014

Zsolt Baumgartner, il solo ungherese in F1

Nato a Debrecen il 1 Gennaio 1981, Zsolt Baumgartner è attualmente l'unico pilota di nazionalità ungherese ad aver corso in F1.



Il suo esordio avvenne grazie a un... cedimento strutturale. Durante le prove libere del Gp di Ungheria 2003, la Jordan di Ralph Firman perse il controllo a causa della perdita dell'alettone posteriore.

Un crash esageratamente violento che fece perdere conoscenza a Ralph, dichiarato poi non idoneo a correre per quel Gran Premio (e quello successivo in Italia).


Nonostante la poca affidabilità della Jordan di quell'anno, Zsolt accettò di sostituire Firman. Un'occasione da non perdere: esordire in F1 nella gara di casa.

Il ritiro in quella gara non lo fece perdere d'animo. L'anno dopo, non senza aver provato a comprarsi il sedile Jordan, s'accasò alla Minardi, dove nel GP di Indianapolis riuscì addirittura a conquistare un punto.

La sue degne prestazioni però non hanno impressionato gli utenti del sito f1rejects.com: all'interno dei loro podcast Baumgartner si è trasformato in HWNSNBM. L'acronimo significa He Whose Name Should Not Be Mentioned...

Zsolt è destinato a mantenere il suo primato casalingo ancora per molto, a meno che il connazionale Tamal Pal Kiss, pilota classe 1991 attualmente impegnato in Auto Gp, non riesca a racimolare abbastanza soldi per continuare una carriera ad alti livelli.

giovedì 24 luglio 2014

Le gare del weekend - 19-20 Luglio 2014

Le gare di contorno al GP di Germania di F1 non sono state le uniche del weekend del 19-20 luglio. Indycar, Gt e Camion hanno coronato un grande fine settimana di corse!

INDYCAR - TORONTO GARA 1 (HL)



INDYCAR - TORONTO GARA 2 (HL)



EURONASCAR - NURBURGRING (HL)



F.TRUCK - CASCAVEL (HL)



PIRELLI WORLD CHALLENGE - TORONTO (HL)


GP2 - HOCKENHEIM (HL)

GP3 - HOCKENHEIM (HL)

ERC - ESTONIA (HL)

PORSCHE SUPERCUP - HOCKENHEIM (FULL RACE)

BRDC F4 - OULTON PARK (GALLERY)

AUTOGP - RED BULL RING (GALLERY)

martedì 22 luglio 2014

I 15 minuti di celebrità di Markus Winkelhock

Esattamente 7 anni fa (era il 22 luglio 2007) accadde qualcosa di assolutamente impensabile durante il GP di Europa al Nurburgring. Un evento improbabile e pazzesco.

Al via di quella gara si presentano 22 vetture. In pole parte Raikkonen, su Ferrari. L'ultima fila è invece occupata dalle due Spyker di Adrian Sutil e del debuttante tedesco Markus Winkelhock. Markus, figlio di Manfred (morto alla 24 ore di Spa del 1985) e nipote di Joachim, sostituiva per quel gran premio il pilota titolare Albers, andatosene dal team sbattendo la porta.

Markus Winkelhock
A pochi secondi dal giro di ricognizione, comincia a piovere. Tutti partono con le gomme da asciutto e le mantengono fino al ritorno in griglia, mentre Markus e il team decidono per un azzardo: mettere le gomme da bagnato.

Il primo giro è caotico: la pioggia diventa subito battente e i piloti si toccano, escono fuori pista, rallentano vistosamente. Tutti cercano di rientrare ai box per montare gomme più adatte, mentre Winkelhock risale il gruppo. A metà del secondo giro Markus supera Raikkonen (che non era riuscito a entrare nei box a causa di uno...scivolone sul viscido) e si porta incredibilmente in testa.

Nonostante la pioggia sia in costante aumento, Markus danza sull'asfalto con le sue full wet senza alcun incertezza. Un debutto coi fiocchi che lo rende subito un mito.


Purtroppo per Markus la gara viene interrotta. La quantità d'acqua presente sul tracciato diventa ingestibile, con veri e propri torrenti che attraversano il tracciato da un cordolo all'altro. Inoltre la prima curva si trasforma in un desolante parcheggio di monoposto uscite di pista...



Poco dopo questo disastro, la pioggia smette di cadere, permettendo la ripartenza in condizioni accettabili. Markus è in prima posizione e ha diritto di ripartire in testa, diventando così l'unico pilota della storia della F1 partito ultimo e... primo dalla griglia in un solo gran premio. Le sue speranze si infrangono dopo pochi giri, superato da monoposto più competitive (la sua, invece, è la peggiore del lotto). Si ritira al 15° giro per un problema idraulico, ma con la soddisfazione di aver compiuto un'impresa.

Quello d'Europa rimarrà l'unico GP disputato da Winkelhock. Nell'evento successivo la Spyker gli preferirà Sakon Yamamoto, pilota dalla valigia ben più capiente.

lunedì 21 luglio 2014

La soluzione per avere più auto in F1

Caro Bernie e caro Jean...

Vi ricordate della F1 targata 1989? 20 team presero parte almeno a un weekend di gara. Molti di questi team non riuscirono mai a raccogliere abbastanza soldi da schierare due vetture, perché già faticavano a mettere assieme i pezzi di ricambio per la loro unica monoposto.

Eppure quell'epoca è ricordata con amore dagli appassionati. Colori, storie, duelli, ritiri e tante sorprese, le pre-qualifiche e i risultati una tantum come quelli di Danner, 4° negli USA con la Rial e di Tarquini, 6° in Messico con la AGS.

Ora corrono in F1 22 monoposto per 11 team. Ogni team ha l'obbligo di schierare due vetture. Ma solo 5 team possono dire di avere delle finanze più o meno solide, ovvero Ferrari, Red Bull, Mercedes, Mclaren e Williams. Poi c'è la Toro Rosso (filiale di Red Bull), probabilmente con un bilancio quasi in pareggio. Force India, Caterham, Marussia, Sauber, Lotus sono invece in difficoltà, con finanziatori anonimi, piloti strapaganti, ritardi nei pagamenti, ricambi risicati.

La Indycar, alter ego americano della F1, ha un'organizzazione più ruspante. Hanno voglia di crescere come campionato, fanno errori e non possono abbandonare la Indy 500 per sopravvivere. Però hanno 23 auto in griglia. Nei giorni migliori anche 24 o 25. Alcuni team gestiscono 4 macchine, altri 3, altri 2, altri una soltanto. Se un pilota arriva con abbastanza soldi, il team compra un'altra macchina dalla Dallara e la schiera in pista. In pratica, iscrizioni libere.

Montezemolo, una volta tanto, non si lamenta a caso. Sarebbe meglio liberalizzare le iscrizioni alla F1, permettendo ai team di schierare anche una vettura soltanto. E nel caso di floride finanze, di schierarne anche tre, magari con tre colori diversi a seconda della sponsorizzazione. Come voleva fare la Bar nel 1999, quando si era presentata con un'auto blu 555 e un'altra bianco-rossa Lucky Strike (foto). La cosa non fu permessa, purtroppo. Se invece fosse una scelta libera, ci sarebbero tanto marketing e tante nuove possibilità per tutti. Il tutto rinforzato dalla possibilità di comprare i componenti dai "veri" costruttori senza dover fare tutto in casa (e spendere di più).


Potrebbe essere così, la fanta F1 liberalizzata:

Ferrari: 2 auto per la scuderia, 2 auto per la Ferrari Americana gestita da Haas
Red Bull: 2 auto per la scuderia, 2 auto per Toro Rosso
Mercedes: 2 auto per la scuderia, 2 auto per Force India
Mclaren: 2 auto per la scuderia, 1 auto privata (magari la Super Aguri, visto il ritorno di Honda)
Williams: 2 auto per la scuderia, 1 auto privata
Lotus: 1 auto
Marussia: 1 auto
Caterham: 1 auto
Sauber: 1 auto

per arrivare a più di 22, basterebbe lasciare spazio a nuovi team (negli ultimi anni sono stati tanti i rifiutati) che potrebbero, con un progetto serio di marketing, schierare una sola auto incentrata su una sponsorizzazione dedicata...

Via la tassa di iscrizione milionaria, via il limite strutturale del dover schierare per forza due auto, avremmo una griglia più sana e più competitiva.

Grazie per avermi ascoltato, Bernie e Jean.

sabato 19 luglio 2014

Le tecnologie che le F1 non possono usare

Il recentissimo divieto ad utilizzare il sistema sospensivo FRIC (Front and Rear Inter-Connected Suspension) mi ha fatto pensare a un fatto molto curioso...

Dicono che la F1 sia il massimo campionato esistente, dove le migliori tecnologie si fondono per mettere in pista le auto più veloci del mondo. In realtà le regole sono talmente tante e invasive da creare una sorta di campionato standardizzato dove più o meno tutti hanno gli stessi componenti.

(E se qualcuno va veloce, gli altri team automaticamente credono che ci sia qualche illegale trucco)

Cosa potrebbe essere la F1 se non ci fossero tutti questi divieti tecnici? Mai ci sarà risposta per questa domanda. Tuttavia è utile sapere quali ingegnosi componenti e sistemi sono stati utilizzati nel passato per poi essere vietati, prima o durante i campionati.

2014: vietato il sistema sospensivo FRIC (dal GP di Germania)
2013: vietato il sistema DOUBLE DRS (l'alettone mobile doppio)

Double DRS

2011: vietati i doppi diffusori
2010: vietati i rifornimenti in corsa
2009: ridotto l'uso di alette a scopo di trovare carico aerodinamico (unici luoghi permessi: alettoni anteriori e posteriori)
2008: vietato il traction control (adozione della centralina unica)
2007: vietato il tuned mass damper (a stagione in corso)


2004: vietato il launch control
2003: vietata la telemetria bidirezionale
2001: vietato l'uso del berillio (in lega con alluminio, può essere tossico)
1999: vietato l'uso di ali flessibili
1998: vietato l'uso delle X-Wings (erano abbastanza bruttine, anche)


1994: vietate le sospensioni attive e l'ABS
1993: vietato il sistema CVT (continuously variable trasmission)
1983: vietati i sistemi aerodinamici per sfruttare l'effetto suolo
1981: vietate le minigonne flessibili (che fanno aumentare l'effetto suolo)
1978: vietate le fan car (le "auto turbina")...

mercoledì 16 luglio 2014

Cara vecchia Hockenheim...

Si poteva riconoscere tra mille, tra milioni. Si poteva disegnare facilmente su un foglio di carta. Non era difficile nemmeno creare l'assetto, laggiù: alettoni a bassissimo carico, quasi come non averli. Quando in mezzo a quel bosco la gara partiva, sapevi che almeno un motore si sarebbe polverizzato in una nuvola di fumo.

Era Hockenheim. 

Quello vecchio. Quello a forma di banana. Quello con i rettilinei infiniti e le chicane per renderli meno assurdi. Quello pericolosissimo ma che ogni appassionato vorrebbe tornasse indietro, al posto del circuito di adesso, un po' moscio nonostante la solita birra tedesca.




Nella speranza di un GP di Germania 2014 interessante e divertente, tributerei un doveroso omaggio alla vecchia pista, pazza, caratteristica e soprattutto velocissima. Full throttle tutta la vita, con un bosco che ti avvolge in attesa del tifo assordante del Motodrom...










domenica 13 luglio 2014

Gaston Mazzacane, l'esatto contrario di Fangio

Ricordate Juan Manuel Fangio, il mitico pilota che a cavallo degli anni '50 vinse 4 titoli mondiali di F1, e che in alcune occasioni stracciò letteralmente i rivali con distacchi chilometrici e performance senza precedenti?

Probabilmente sì. Fangio è uno dei nomi accomunati alla Formula 1 e all'automobilismo in generale.

E dell'altro argentino Gaston Hugo Mazzacane, invece, vi ricordate?


Mazzacane nacque a La Plata l'8 maggio 1975. Il padre Hugo, appassionato e pilota, lo chiamo così per via di Gaston Perkins, un collega che correva nel campionato touring car locale, il più seguito e amato dalla gente argentina. Il cognome di Mazzacane, che rivela chiare origini italiane, fa sorridere gli appassionati di corse. Un po' per il significato letterale, un po' perché Gaston non ha lasciato una grande traccia in F1.

Eppure.

Eppure Gaston non ha così sfigurato nel circus iridato. Ha preso il via in 21 GP (17 con la Minardi nel 2000 e 4 con la derelitta Prost del 2001 prima di essere rimpiazzato da Burti), non conquistando alcun punto ma precedendo ben 4 volte in qualifica il ben più quotato spagnolo Marc Genè. In F3000, precedentemente, aveva conquistato due 6° posti, risultato eguagliato nella brevissima apparizione in Champ Car (9 corse con il team Dale Coyne).




Gaston in Champ Car
Il posto in Minardi lo aveva recuperato a suon di bigliettoni, grazie ad alcuni sponsor argentini e a un po' di soldi di papà, importatore della birra Quilmes. Uno degli sponsor di Gaston, PanAmerican Sports Network, tentò addirittura di acquisire il team. Nelle serie minori Gaston non aveva comunque sfigurato (vinse addirittura la F2000 italiana, nel 1994), ma forse avrebbe potuto combinare qualcosa di più nelle GT, o nelle vetture turismo come da tradizione familiare. Tuttavia, il sogno della F1 talvolta offusca la percezione dei piloti...

Il ricordo di Mazzacane in F1, in positivo, sono 3 giri a Indianapolis con Hakkinen alle calcagna. Grazie al meteo ballerino e ad una strategia particolare, Gaston si era ritrovato a battagliare con i primi. Hakkinen non riuscì a trovare lo spazio per superarlo, per via della sua coriacea difesa. Questi 15 minuti di celebrità furono gli unici in questi 2 anni nel circus. Proprio Hakkinen e Coulthard, alfieri Mclaren, non lo avevano certo aiutato a farsi un buon nome, definendolo "chicane mobile"... Prima di accasarsi alla Prost, Gaston aveva provato anche la Arrows (altra scuderia in crisi monetaria all'epoca) per poi sparire nell'anonimato. Un anonimato tutto argentino: nessun pilota di quel paese ha più corso in F1 dopo di lui.

Gaston (account twitter @gastonmazzacane) ora corre con meno pressione e più passione proprio nella categoria nella quale gareggiò il padre, ovvero nel campionato turismo carretera argentino (TC2000).

Look e auto 2014 del mitico Gaston Mazzacane
Per vedere il sito internet di Gaston, ecco qui il link. Fateci un giro, Gaston apprezzerà.

sabato 12 luglio 2014

Buon compleanno, Guy Ligier!

Le Ferrari sono sempre state rosse. Le Renault indossavano il giallo. Per le altre scuderie non si può definire: troppi sponsor hanno lasciato tracce di colore molto diverse tra loro. Solo un altro team si è sempre accompagnato da un unico colore: il blu.

Quel team era la Ligier.

La squadra francese ha corso dal 1976 al 1996, è arrivata seconda nel campionato costruttori del 1980. Ha fatto correre Laffite, Depailler, Pironi, Cheever, Arnoux, Streiff, Brundle, Bernard, Blundell, Panis. Il padre del team era Guy Ligier (nato il 12 luglio 1930), un orfano ex rugbista (ha giocato anche nella nazionale francese) che s'arricchì fondando un impero nell'edilizia. La sua carriera da pilota fu breve: corse dal 1960 al 1968, anno nel quale morì il suo grande amico (anch'esso pilota) Jo Schlesser. Le iniziali di Schlesser (JS) sono state utilizzate da Ligier per nominare le monoposto da lui costruite. 

Guy aveva amici importanti anche fuori dal mondo della F1. Il più importante è stato certamente Francois Mitterrand, presidente della Repubblica Francese dal 1981 al 1995. Grazie a lui Ligier si assicurò sponsorizzazioni statali (Elf, Loto, Gitanes) e private (Renault), che tennero a galla il team negli anni più difficili. Ligier, uomo d'affari accorto, capì nel 1991 di non poter più gestire il team da solo. Nel 1992 Cyril De Rouvre, poi condannato per evasione fiscale, comprò il team per 200 milioni di franchi, prima di incorrere appunto in guai giudiziari. Nel 1994 il team fu acquistato da Flavio Briatore, fino all'arrivo dell'ultimo proprietario, ovvero Alain Prost. Il campione francese si schierò al campionato 1997 con il nome Prost Grand Prix, chiudendo di fatto l'avventura del team Ligier in F1.

Il team Ligier ha vinto 9 gare, conquistando anche 9 pole position e realizzando 9 giri più veloci in gara. Ora la F1 è un lontano ricordo, anche se il nome Ligier rimane sempre legato ai motori, grazie alle microcar e ai prototipi.

Niente di paragonabile a quello che vedrete nelle foto qui sotto. Grazie per averci regalato questi splendori, team Ligier. 

1976 - Laffite

1979 - Laffite

1982 - Cheever

1983 - Johansson

1985 - Streiff

1989 - Grouillard

1992 - Boutsen

1993 - Brundle

1994 - Panis

1996 - Panis vittorioso a Montecarlo

venerdì 11 luglio 2014

Anno 2000: l'ultimo vero mondiale 500

Ho sempre guardato le corse automobilistiche in tv, mettendo in secondo piano qualsiasi altra attività. Per il motociclismo non ero per niente regolare: se capitava, bene. Se no, pazienza.

Ma tutti abbiamo avuto una prima volta in qualcosa.

La mia prima stagione intera di motomondiale l'ho vista nel 2000. Una stagione che mi fece innamorare, non tanto per la corsa al titolo (che vinse Kenny Roberts Jr) ma per l'estremo spettacolo che ad ogni gara veniva offerto dai numerosi cavalieri del rischio in sella alle potenti e imbizzarrite 500.

Erano moto veloci, belle, senza troppa elettronica. Ma abbastanza agili da far vedere continui sorpassi ed exploit nel corso della stagione e all'interno delle gare stesse. Ora è molto difficile vedere un Gran Premio in cui non vinca Marquez.

Il 2001 è stato l'ultimo anno con le 500, ma senza lo stesso divertimento. Anche quell'anno c'era un padrone assoluto, Valentino Rossi. Ero contento per le sue vittorie (sono sempre stato un suo fan, anche nei periodi più mogi) ma a me piace vedere, ogni tanto, anche l'underdog che vince all'improvviso.

Dicevamo, il 2000. C'era la Suzuki, con Kenny Roberts Jr (4 vittorie) e Nobuatsu Aoki.


Tanti piloti italiani da tifare, in quell'anno. A cominciare da Loris Capirossi (Honda), Valentino Rossi (Honda) e Max Biaggi (Yamaha). Sempre ingarellati uno sull'altro. Valentino e Max vincono due gare a testa, Loris una...


 ...Mentre rimangono a secco di vittorie Luca Cadalora (con la malesiana Modenas Kr Proton, n°27) e Paolo Tessari (Paton n° 43). Non era come oggi, con regole scritte apposta per mantenere competitivi i piccoli costruttori. All'epoca si schieravano veri e propri esperimenti, con risultati spesso al di sotto delle aspettative, ma assolutamente romantici...



Oltre alla gialla moto di Valentino Rossi, la pattuglia Honda era arricchita dalle Repsol (pitturate più o meno come quelle odierne) di Alex Criville (detentore del titolo, 1 vittoria), Sete Gibernau e Tadayuki Okada, dalle bianconere Emerson Pons di Capirossi e Barros (1 vittoria). Anche John McGuinness, mito del TT, corre a Donington con una Honda, arrivando 13°. Ovviamente sorridendo.


Poi, il mio preferito con una TSR-Honda arancio-blu vestita: Jurgen Van Den Goorbergh. L'olandese conclude quasi tutte le gare a punti, con un solo ritiro. Sponsor principale Rizla +.


L'altro mito di quella stagione aveva una Yamaha colorata Red Bull, ed era sempre in derapata. Spettacolare, lunatico, pazzo all'inverosimile: Garry McCoy. Vince in 3 gare.


Ecco un altro alfiere della Yamaha, vincitore di una gara nel 2000: Norick Abe. L'eroe del giovane Valentino Rossi aveva capelli lunghi e una epica moto tutta rossa.


Partecipò al Mondiale anche l'Aprilia, con Harada e McWilliams. L'inglese (n°99) diede filo da torcere a Valentino in occasione della sua prima vittoria in 500, a Donington.


A quel Mondiale presero parte almeno a un weekend di gara 34 piloti. I 31 che riuscirono a concludere almeno una gara conquistarono tutti almeno un punto. Solo uno non riuscì mai a qualificarsi. Stephen Briggs e la sua BSL n°36, accoppiata tutta neozelandese, provarono a gareggiare al GP del Pacifico e a quello d'Australia. Ma la moto, troppo lenta, non impietosì i ligi commissari di gara. 

Succedeva anche questo, nel mitico Mondiale 500 targato 2000.








giovedì 10 luglio 2014

I trofei dei Gran Premi di F1: meglio tornare al passato

Sul podio del Gran Premio di Gran Bretagna 2014 il vincitore Lewis Hamilton si è ritrovato ad alzare al cielo una "coppa" non propriamente memorabile. Come lui stesso ha sottolineato, il simil-trofeo composto da materiale plastico e banalmente realizzato in base al logo dello sponsor del Gran Premio (Santander) si è praticamente deformato semplicemente prendendolo in mano. Senza parlare dell'intrinseca bruttezza... Hamilton, comunque, non si è tirato indietro dagli "obblighi" di rito e ha baciato il trofeo...


...Ma alla conferenza stampa ha criticato la scelta di portare quel pezzo di plastica sul podio, dicendo che non sono questi i trofei che sognava di vincere da piccolo. Lo ha affermato davanti alla vera coppa, che effettivamente è tutta un'altra storia. Portando quell'obbrobrio firmato Santander, gli organizzatori del GP hanno interrotto una tradizione che proseguiva da decenni.



Purtroppo i trofei realizzati dagli sponsor non sono una novità in F1. Santander è senz'altro recidiva, come dimostrato dalla coppa per il GP di Germania del 2010:


In altre occasioni, sia a fini celebrativi, sia per mancanza di creatività, sono stati portati sul podio oggetti che non fanno per niente bella figura nella bacheca dei piloti. Sono più fortunati i calciatori (la coppa del Mondo, il trofeo della Champions dalle grandi orecchie), i tennisti (la coppa di Wimbledon, l'insalatiera della Davis), i velisti (il trofeo della Coppa America)... Guardiamo ad esempio, in sequenza, il trofeo del GP di Monaco 2013 e il volante stilizzato del GP d'Ungheria in confronto alla stupenda Coppa consegnata ai vincitori della NBA




Sarebbe forse meglio tornare alle care vecchie coppe, perché fanno parte dei sogni dei piloti e dei tifosi, perché sono parte delle tradizioni di corse straordinarie. Meglio sollevare in cielo un trofeo con il quale già festeggiarono Lauda, Andretti, Stewart, Senna, Mansell, oppure ritrovarsi in mano un fantoccio colorato fatto con lo stesso materiale delle borse della spesa?

GP Brasile 1985

GP d'Italia 1982

GP Giappone 1989

GP Monaco 1991

GP San Marino 1987




martedì 8 luglio 2014

Recensione - Top Gear Live Torino: auto, fuoco e risate

Domenica 6 Luglio 2014, ore 16.30.

Il sottoscritto, insieme a tre amici, è seduto sui comodi e dimenticati seggiolini del Palaolimpico di Torino (nel quale, dopo 8 anni, non sono ancora stati spostati i cartelli targati "Torino 2006"... ma questa è un'altra storia) e sta per assistere ad uno spettacolo atteso in Italia da tempo: Top Gear Live.

Eccoli, direttamente dallo show BBC: Jeremy Clarkson, Richard Hammond, James May, The Stig e un manipolo di incredibili stuntman. Riusciranno a dare le stesse emozioni che ci regalano ad ogni show televisivamente girato? Sarà una spacconata con tanto fumo e poco arrosto oppure un crescendo di sorprese?

L'inizio è dei migliori: i tre presentatori arrivano a cavallo del... loro palco. Jeremy fa notare che il mezzo è ben equipaggiato, con una gran fiammata dagli scarichi e una serie di donuts... con James e Richard comodamente seduti sulla poltrona degli ospiti.

Lo studio a motore

Lo show è strutturato a segmenti ben precisi: i presentatori introducono gare e sfide, intervallate da esibizioni di stuntman e da video celebrativi del programma. La scenografia è minimalista: jersey che delimitano la pista e segni fatti a terra con le bombolette: tanto lo spettacolo lo fanno le macchine (alcune potenti, altre assurdamente ridicole) e le battute dei tre.

Nel frattempo, a poca distanza dal Palaolimpico, una fiumana di ragazzine attende con trepidante ansia l'inizio del concerto degli One Direction. Proprio loro saranno oggetto di numerose battute. I tre si dedicano anche alla pronuncia di alcune colorite frasi in italiano (epico Clarkson, che esclama: "Sono così ciccione che sembro in cinta").

Gli stuntman, dicevo. Ci sono alcune giocoliere che scherzano col fuoco mentre rombanti Subaru Impreza e Porsche sgommano loro attorno. C'è il parkour Paul Joseph che salta una Viper correndo, c'è Andrei Burton (campione di mountain bike trial) che, in sella, saltella su due camioncini.





E poi le sfide. Prima James batte tutti con la sua valigia-go kart, poi i tre vanno sulle Reliant Robin (con un capottamento per tutti) e gareggiano anche con moderne bighe dotate non di cavalli, ma bensì di scooter.


Oltre a JC, JM e RH gareggia anche The Stig. Con una Robin bianca, ovviamente

C'è tempo anche per la sfida meno spontanea di tutte, il tiro al bersaglio laser con due fantomatici militari. The Stig batte Jeremy grazie alla maggior potenza della sua Caterham e al fatto che Jeremy guida un... macinino elettrico. I soldati colpiscono 26 volte lo Stig, mentre il pene di Jeremy subisce una disfatta: 147 colpi bassi.


Nel segmento finale si disputa la partita di calcio tra Suzuki Swift. Un grande classico: Italia - Inghilterra. Lo Stig va in campo per l'Italia. Finisce 4-3 per la squadra italiana, con grande partecipazione del pubblico ad ogni rete.



1 ora e 30 minuti di spettacolo purtroppo non ben assistiti dal punto di vista sonoro, con le musiche che, ad un volume esagerato, plafonano gli effetti del motore e rendono incomprensibili alcune delle frasi pronunciate dai tre presentatori. Poche le supercar, ma tante risate in pieno stile Top Gear: un programma di auto, sì, ma che non si prende mai troppo sul serio.

In definitiva: Jeremy Clarkson suda come Bonolis, James May è il vero idolo, e Richard Hammond è davvero basso. Tre fuoriclasse dello humour che purtroppo non hanno omologhi italiani. Ma è proprio la loro unicità a renderli speciali.