lunedì 11 aprile 2016

Intervista a Ernesto Catella: Kanaan, Fisico, Colciago...e la F3

A volte mi chiedo: l'epoca che sto vivendo è davvero adatta al mio modo di pensare? Forse per altri temi sì, ma riguardo al motorsport mi convinco sempre più che negli anni '80 e negli anni '90 mi sarei trovato decisamente meglio. Su questo blog ho deciso di riversare la mia passione per i motori, e la cosa più divertente è senz'altro intervistare le persone che fanno parte di quel mondo. E mi posso soltanto immaginare cosa sarebbe successo se avessi camminato per il paddock in una gara qualsiasi del Campionato Italiano di F3 nei primissimi anni '90: quante parole in libertà avrei potuto scambiare! Le parole dei protagonisti dell'epoca sono statisticamente rilevanti: in quel periodo l'ambiente era più accessibile.

Ora invece la ricerca non va sempre a buon fine. Ci sono piloti e team manager forse timidi, forse maleducati, forse malconsigliati (chi lo sa?) che alle mie umilissime richieste non danno nemmeno risposta, un po' come i calciatori che scappano dopo l'allenamento sgommando in faccia ai fans che richiedono l'autografo. Fortunatamente non tutti sono così, e quando l'intervista va in porto senza troppe difficoltà mi sento ancora parte di una storia comune. Ed è con questa introduzione intrisa di nostalgia per un'epoca che non ho mai vissuto che mi accingo a parlare di Ernesto Catella.

Nico Prost, Ernesto Catella e Alain Prost

Le sue scuderie hanno imperversato soprattutto nelle formule minori nella prima metà degli anni '90, con risultati di rilievo e con tante storie legate a piloti che poi avrebbero avuto un luminoso futuro. Tuttavia Ernesto Catella prima di dirigere un team aveva anche solcato gli autodromi, con presenze soprattutto nella F3 italiana...
«Eravamo tutti amici, all'epoca della F3. Quanti personaggi straordinari ho conosciuto! Ci divertivamo a ogni weekend, non c'era traccia delle polemiche a sfondo politico attuali. Erano solo la passione e la voglia di correre a spingerci in pista. Anche l'organizzazione era diversa, addirittura facevamo il briefing sulla griglia di partenza, con sempre almeno una quarantina di partecipanti. Una volta a Pergusa mi presentai con casco, guanti e calzoncini corti. Mi presi una sgridata ma tra le risate...» 




La carriera da pilota si è conclusa nel 1988 senza risultati eclatanti, ma quelli sarebbero arrivati una volta indossati i panni del team manager.
«Nel 1988 a Pergusa decisi di appendere per sempre il casco al chiodo, dopo tanti anni di corse. In quell'anno il mio compagno di squadra era Eugenio Visco, ottimo pilota che durante l'anno successivo arrivò secondo al Lotteria di Monza. Durante l'inverno eravamo passati dal telaio Reynard a quello Dallara e nel 1989 ci furono ben cinque piazzamenti a podio compresa una vittoria a Vallelunga. 

Nel 1990 il team diventò RC Motorsport (grazie alla partecipazione di Carlo Migliavacca e Francesco Ravera) e schierammo Alex Zanardi. Non riuscimmo a vincere il campionato ma qualche gara sì, e fu un'ottima stagione. Il momento più alto si rivelò essere la Coppa Europa di F3 in gara unica, disputata a Le Mans sul circuito Bugatti. Alex la vinse dopo essere arrivato secondo in pista, dopo la squalifica di Michael Schumacher. A seguito di un incidente alla partenza, Schumacher abbandonò la macchina in mezzo alla pista e fu data bandiera rossa. Nel prendere il muletto cambiò anche marca del motore, cosa non permessa dal regolamento... Il reclamo, consigliato anche da Guido Forti, diede ragione a noi... 

Nel 1991 passammo dai motori Novamotor ai Volkswagen, ma nonostante il cambio arrivammo comunque terzi in campionato con Andrea Gilardi, che colse ben tre vittorie; l'anno successivo andò ancora meglio con i motori Opel-Spiess, forniti devo dire da persone davvero oneste e sincere. Nelle prove invernali non scendemmo mai sotto il secondo di distacco dagli altri, ma lo sviluppo fu incredibile. La stagione fu trionfale, con la vittoria di Max Angelelli nel campionato».

Poi ci fu la scoperta di un brasiliano che è oltreoceano è diventato una superstar.
«Alla fine del 1992, grazie anche ad Ayrton Senna, trovai un talento vero: Tony Kanaan. Non aveva un centesimo ma andava forte, forte per davvero. Dei tanti piloti che ho visto lui è certamente uno dei più coraggiosi. Purtroppo non riuscii mai a fargli correre una stagione intera in F3, ma gli pagai l'ingaggio per l'annata in Formula Opel Lotus nel 1993. Lo sento ancora, Tony. Dopo aver vinto la 500 Miglia mi ha chiamato, credo fosse passata solo mezz'ora dopo la fine dei festeggiamenti. Mi ricordo che nel 2001 mi invitò a un paio di gare di F.Cart, e così andai negli States a vedere per altro una sua pole sull'ovale di Chicago. Tony mi ha davvero rapito il cuore, è una grande persona»



Senna con un giovane Tony Kanaan


Nel 2001 il suo compagno era proprio Alex Zanardi, altro tuo pilota come citato poco fa.
«Alex è stato un grande, ed è stato un peccato che la sua stagione in F1 con la Williams sia stata frenata dalla sua fatica ad adattarsi. Io credo ancora, a proposito del 2001, che una delle cause dell'incidente del Lausitzring sia la troppa foga per ristabilire le gerarchie nel team, visto che Tony stava sempre davanti a lui. In nessun altro caso lo direi, ma per Alex è stata paradossalmente una fortuna subire quell'incidente, perché è riuscito a costruire una carriera straordinaria in altri contesti. E mai avrei detto che sarebbe stato in grado di tornare così forte nel momento in cui lo andai a trovare in ospedale in Germania, ancora in convalescenza».

Tornando alle avventure anni '90, a un certo punto ci fu una svolta a livello europeo per il team di F3...
«Nel 1993 vari dissidi con la CSAI ci impedirono di correre nell'italiano, quindi ci dedicammo addirittura al campionato tedesco, corso splendidamente da Colciago. Il team rientrò nelle ultime due gare dell'italiano, sufficienti per bastonare tutti in modo secco con due vittorie di Michael Krumm a Vallelunga e a Imola. Roberto Colciago aveva tutto per diventare un campionissimo della sua categoria, ma non aveva la piena volontà di farlo. Intendiamoci, andava forte e ha fatto risultati, ma poteva tirar fuori una carriera come quella di Tarquini. Inoltre aveva una capacità innata di adattarsi a qualsiasi mezzo senza alcuno sforzo: un vero talento».

Poi c'è stata la miglior annata della storia del team, il 1994...
«Fu la stagione perfetta di Giancarlo Fisichella.Giancarlo con noi vinse praticamente tutto, compreso Montecarlo. Dal punto di vista economico la stagione non fu altrettanto positiva perché spesi una cifra iperbolica... Fisichella, per come la penso io, è stato uno dei piloti più forti al mondo della sua epoca. Purtroppo sbagliò ad andare in Renault con Alonso, scelta che a posteriori gli ha rovinato la carriera in F1. E pure salire sulla Ferrari nel 2009 non fu positivo per le sue ambizioni, visto che poi lo hanno parcheggiato nelle GT, dove un pilota come lui è sprecato. Per altro lui è un ragazzo bravissimo, educato e soprattutto legatissimo ai valori della famiglia, per la quale farebbe di tutto».

Com'è andata invece l'avventura nelle ruote coperte?
«Non avevo più molto interesse a competere nella F3, avendo vinto tutto. Decisi di provare a fare qualcos a con le ruote coperte. Debuttammo nel Velocità Turismo nel 1995 con la Opel Vectra e con Roberto Colciago e i risultati arrivarono subito: dopo i team ufficiali, infatti, c'eravamo noi. E talvolta li battevamo anche, cosa che li infastidiva alquanto. Dopo una stagione con Alfa Romeo (1996) puntammo sulla Honda Accord, costata 740 milioni più 100 milioni per l'iscrizione al campionato Superturismo. Purtroppo però il nostro status di indipendenti non fu un vantaggio: andavamo forte (anche senza gomme ufficiali) ma spesso e volentieri ci buttavano fuori. Evidentemente seccava che stessimo davanti a team che spendevano molti più quattrini».





Dopo il superturismo arrivò una chiamata dalla Spagna...
«Nel 1998 prendemmo parte alla prima stagione della Open Fortuna by Nissan con l'argentino Filiberti e il francese Patrick Gay, campione della F3 francese e finanziato dalla stessa organizzazione per correre con noi. Il campionato fu molto positivo, ma non ci fu molto da fare contro lo strapotere di Marc Gené. L'avventura spagnola durò fino al 2000, con ottimi risultati da parte di Angel Burgueno, pilota in grado di dare filo da torcere a Fernando Alonso in alcune occasioni. Dopo il 2000 abbiamo corso nelle World Series e nell'Euro Series 3000, ma dal punto di vista finanziario a ogni stagione era peggio; le spese stavano diventando insostenibili. Non rimpiango comunque nulla delle scelte fatte, e anche in questo periodo mi sono preso delle belle soddisfazioni. Le ultime grandi sono state con Luis Razia e Nicolas Prost: il primo era velocissimo, ma anche incostante, e infatti o vinceva o picchiava; il francese raccoglieva piazzamenti, finiva tutte le gare e alla fine ha pure vinto un campionato. Diciamo... esattamente come il padre!»

Pochi sanno invece della brevissima parentesi nella FA1, anno 2014.
«L'ultima delusione, dal punto di vista delle monoposto, è stata la Formula Acceleration 1, campionato dedicato alle Lola ex A1GP. Uno dei più grossi bluff della mia carriera. Gli organizzatori mi avevano fatto capire che sarebbe stato tutto gratis e io portai quindi due piloti messicani, per altro molto veloci. Tuttavia dopo qualche tempo mi fu presentato il conto. Dopo la prima gara, disastrosa anche dal punto dei vista dei danni, lasciai perdere...»

Cosa pensi del fatto che da tanto tempo non ci siano piloti italiani in F1?
«È una vergogna. Piano piano i piloti italiani sono spariti tutti. Eppure di gente che in F1 ci può stare ne abbiamo. Prendiamo ad esempio Edoardo Mortara. Non dico tanto ma se avesse debuttato qualche anno fa in F1 sarebbe andato almeno quanto Max Verstappen. È veloce, serio, onesto, gentile, educato... Ma l'abbiamo perso. Come si fa a finire nel DTM così presto in carriera? In più, oltre ad avere un problema con i piloti ci sono i soliti guai della povera Monza...»

Com'è cambiato il modo di correre rispetto ai tempi della tua F3?
«Credo che sia cambiato tutto rispetto a quando correvo io. Prima era una questione solo di passione: andavi a gareggiare, ti divertivi e poi magari facevi dell'altro. Ora cercano di trasformare i giovanissimi in professionisti, con il preparatore atletico e ore e ore di simulatore. Non capita più di vedere la guida pura, del pilota che sale sulla macchina all'ultimo minuto e che va forte. E inoltre manca una cosa importante: la libertà del pilota di cambiare le marce senza interferenze, di decidere la propria corsa, e – soprattutto in F1 – di spremere la macchina».

In questo 2016 Ernesto dovrebbe partecipare in veste di direttore sportivo nella scuderia di Alan Gomboso, cioè la Duell Race, nel Campionato Italiano GT. Ma già ci sono altri progetti in cantiere...
«Sono molto interessato a quello che potrebbe essere un impegno nel mondo dei prototipi con le nuove LMP3, e se dovesse costruirsi un'opportunità la coglierei al volo. Ma a modo mio: non voglio mettere soldi solamente per partecipare, voglio essere protagonista».

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