Nel motorsport la GT Academy, messa in piedi da quei geniacci di Gran Turismo e da Nissan, ha reso professionisti piloti affermati come Ordonez e Mardenborough, e ha dato opportunità ad altri ragazzi di scendere in pista a ben figurare.
Il nostro Luca "Giagua" Lorenzini, classe '83, fa parte di questa ristretta cerchia di piloti passati dalla console alla pitlane, per altro con merito. Luca è campione in carica della Lotus Cup Italia e presenza fissa attorno alle poisizioni da podio più o meno in tutti i campionati in cui ha partecipato (tra cui il Maserati Trofeo, la Green Hybrid Cup, il campionato inglese Britcar). Nonostante un inizio di stagione travagliato, con la partecipazione alla 12 Ore del Mugello resa impossibile da guai tecnici (problemi che hanno per altro sollevato un enorme discussione su Facebook che si è trascinata per settimane), Luca ha mantenuto l'ottimismo e l'umiltà che lo contraddistinguono.
Cosa farai nel 2015 dopo un 2014 davvero positivo?
"Attualmente sto lavorando per mettere insieme un programma più ambizioso. Mi sembra giusto, dopo alcuni anni nei monomarca, provare una sfida nuova. Ci sono tanti campionati interessanti, come ad esempio l'Italiano GT, dove potrei essere competitivo. Arrivo inoltre da una annata nella quale mi sono divertito moltissimo. Avevo scelto la Lotus Cup per due motivi: uno, i costi erano accessibili; due, essendo "allergico" alle trazioni anteriori ho subito apprezzato le doti della Elise appena l'ho provata. Inizialmente, tuttavia, non era nei piani gareggiare tutta la stagione. Grazie all'aiuto della famiglia Fiore ho potuto completare il tutto, vincendo il titolo all'ultimo respiro e prendendomi delle belle soddisfazioni, come battagliare con piloti forti come Ivan Capelli".
Il mantovano di Acquanegra sul Chiese ha un'officina meccanica - lavoro di famiglia - e si differenzia dai colleghi piloti per via del diverso background...
"La passione per i motori, con l'officina di famiglia, era facile da prevedere! Non avendo le risorse per correre con i kart e con le monoposto - potevo solamente fare qualche gara di autocross qua e là - da qualche parte dovevo comunque sfogare la voglia di competere. Così ho cominciato a darmi da fare con i simulatori di guida. Nel 2005 vinsi il primo campionato italiano di Gran Turismo, e a soli 22 anni mi arrivò a casa un premio pazzesco, una 350Z! Purtroppo a quell'epoca non potevo permettermi di mantenerla, così fu messa in vendita... Poi arrivò la finale europea nel 2008 e la vittoria nel 2010".
Luca Lorenzini (al centro) premiato nel 2005 per la vittoria nel Campionato Italiano Gran Turismo 4 |
L'edizione 2010 ha dato il là alla tua carriera.
"Fu incredibile. Io e gli altri aspiranti piloti ci siamo trovati in questo ambiente fantastico, con istruttori come Johnny Herbert, Eddie Jordan e Sabine Schmitz. Gente abituata a vedere talenti in pista da anni, mentre noi avevamo a disposizione solo il manettino della Playstation. Tuttavia li abbiamo spesso sorpresi per la capacità di adattamento in un clima competitivo. Mi ricordo che in pochi giorni imparammo una quantità di cose enorme, e anche dopo le finali il team e gli istruttori non mancarono mai di dare consigli e di seguire le nostre gare. I giorni delle gare in Inghilterra rimarranno indimenticabili".
Jordan Tresson e Luca Lorenzini sul podio a Snetterton |
Un percorso formativo del genere può essere indigesto per i puristi, non credi?
"Di solito, al primo impatto, i colleghi non si accorgono molto della differenza. Non sono in tanti a sapere per filo e per segno cosa ho fatto nella mia carriera e da dove vengo, ma i risultati confermano che non sono un fermo. In passato è capitato che chiedessero informazioni a fine gara e io rispondevo che fino a qualche tempo primo giocavo con la Playstation. In effetti è una risposta spiazzante. Io credo però che sia la pista a dare il verdetto, in fin dei conti, e non le gare fatte o non fatte in passato".
Ti sei mai interessato al mondo delle corse online statunitensi - quelle ufficiali di iRacing - dove ci si può ritrovare in pista con piloti che corrono realmente in Nascar, in Indycar o nel Tudor United Sportscar Championship?
"Non ho mai provato a correre online da quelle parti, ma di sicuro negli Stati Uniti si è formato un ambiente interessante e in continua crescita. Loro con la comunicazione e con il marketing sanno fare delle cose bellissime e i piloti veri, quelli con la P maiuscola, vanno a fare le corse online anche con discreti risultati. Tutto è in funzione di un maggior coinvolgimento degli appassionati nelle corse e in ciò che gira attorno ad esse".
E noi abbiamo ancora molto da imparare.
"Negli States sanno fare le cose in grande online, ma nella realtà è ancora meglio, con tutto il pubblico che portano sulle piste e con le iniziative che mandano avanti, ad esempio in Nascar. Tutto questo porta a una riflessione amara: è evidente che da noi non è ancora stata trovata la formula giusta. Andare in un autodromo italiano, sia come pilota sia come spettatore, e vedere le tribune quasi deserte è davvero una cosa triste. Va tutto ripensato per coinvolgere di più il pubblico, perché ci sarebbero vantaggi indubbi per tutti".