sabato 9 gennaio 2016

Giorgio Sernagiotto: il viaggio verso Le Mans continua

Giorgio Sernagiotto è in una fase importante della propria carriera nel motorsport. Il pilota nato ad Asolo il 28 luglio del 1981 ha corso nel 2015 una promettente stagione nell'ELMS, insieme a Roberto Lacorte e a bordo di una Ginetta LMP3 portata in pista dal Villorba Corse.



L'obiettivo di Giorgio e di Roberto è chiaro: correre a Le Mans. Il programma dei due è nato quasi un lustro fa, e sta procedendo consapevolmente attraverso fasi ben definite. Dopo due anni di CN nel campionato prototipi V de V, nel 2015 è finalmente arrivata l'opportunità di correre con una vettura LMP3, categoria pensata per formare i piloti che ambiscono a sedili nelle LMP2 e nelle LMP1. E nel 2016 sarà ancora ELMS, con un importante cambio di rotta ormai definitivo. "Correremo con Ligier in questa stagione, è deciso" - dice Giorgio - "Questa novità è in prospettiva allettante, sia per il 2016 sia per il futuro, perché potrebbe essere il trampolino di lancio per un 2017 in LMP2 sempre con Ligier. La trattativa con Ginetta è andata comunque avanti fino a un certo punto, ma alla fine abbiamo optato per la casa francese. Ligier ha dimostrato fin da subito serietà, e la lunga esperienza che ha con LMP2 e CN è un vantaggio niente male".

Giorgio, racconta come hai vissuto la stagione 2015.

"Il programma si era concretizzato tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015. Gareggiare nell'ELMS con una LMP3 ci è sembrata una bella opportunità, vista la bontà dei regolamenti e l'ottima esposizione mediatica. Tuttavia l'unico costruttore era Ginetta e in un certo senso siamo stati costretti a acquistare da loro una vettura. Fermo restando che sono dei bravi ragazzi e ottimi tecnici, e che sulla carta tutto sembrava pronto, abbiamo dovuto affrontare notevoli difficoltà per cominciare la stagione. Avevamo ordinato la vettura per marzo, in modo da partecipare ai test collettivi. Invece è arrivata a maggio, pochissimi giorni prima dell'appuntamento a Imola. Questo ritardo ci ha fatto saltare i test e la gara di Silverstone.
A Imola siamo stati azzoppati da un guasto alla pompa della benzina, ma in ogni caso siamo andati al buio perché in sostanza in quella gara abbiamo fatto lo shakedown della vettura. Viste le premesse, abbiamo deciso di puntare tutto sull'affidabilità, e già al Red Bull Ring - (la gara successiva) - siamo andati sul podio".

Il secondo posto al Paul Ricard

Le cose sembravano migliorare...

"Già, ma poi c'è stata un'altra sorpresa. Ginetta aveva realizzato un aggiornamento con un peso inferiore di 75 kg rispetto alla versione precedente della vettura. Eravamo piuttosto elettrizzati dalla cosa, fino alla scoperta decisiva. Dovevamo versare 50000 sterline per allinearci. Io, Roberto e Raimondo Amadio abbiamo deciso che sarebbe stato immorale pagare quell'upgrade. In pratica abbiamo scelto di essere più lenti di 1,5 secondi al giro rispetto agli altri, con il rischio di passare anche per i bolliti di turno. Tuttavia, puntando sull'affidabilità, sulla tattica e sulla gestione dei consumi abbiamo colto un altro risultato positivo a Le Castellet, gara nella quale ci siamo fermati ai box una volta meno degli altri. In fondo, si è verificato quello che sostengo da sempre: al di là del mezzo, se si fanno le cose per bene emergere è naturale".

La Ginetta 2015 usata da Giorgio e Roberto Lacorte

La collaborazione con Roberto Lacorte risale al 2012. Tu sei il driver coach di Roberto, e con lui hai instaurato (come con Villorba) un rapporto ottimale, sia in termini di fiducia sia per tutto ciò che riguarda la pista. Come ti senti a condividere l'abitacolo con lui?

"In generale condividere l'abitacolo non è un problema, e del resto l'ho sempre fatto anche con i monomarca. Con Roberto sono chiaramente io ad avere più esperienza e tra i miei compiti c'è anche quello di ragionare con lui su come si comporta la macchina, e nel contempo di contribuire all'accrescimento della sua esperienza. Roberto è migliorato tantissimo, senza dubbio. Correre insieme non è affatto complicato, perché in sostanza gli ho involontariamente trasmesso uno stile di guida pressoché identico al mio. Ciò è confermato anche durante i briefing: nel 99% dei casi abbiamo le stesse sensazioni. Questo aiuta senz'altro anche gli ingegneri. C'è solo una piccola differenza di altezza fra di noi, ma ci scherziamo su..."

Hai corso in tante categorie diverse in carriera. Monomarca, formule e ora prototipi. Il passaggio alle LMP3 l'hai sentito?

"Nel passaggio dai monomarca GT ai prototipi la differenza si sente. Sono due dimensioni completamente diverse, con i prototipi che hanno senz'altro una maggiore velocità in curva. Ci sono diverse traiettorie, diversi punti di frenata, diversi tempi di rilascio... Direi quasi che è piacevole essere tornato, in un certo senso, alle sensazioni che provavo nel mio periodo con le formule. Mi sono sentito di nuovo bambino! Senza contare che il discorso tecnico è più eccitante. Nel monomarca non si può toccare nulla o quasi, mentre con i prototipi puoi creare, ragionare, divagare con l'ingegnere. Mi piace tanto lavorare sui dettagli, su come far fruttare il passo gara, su come ottimizzare i consumi. Più le variabili sono ampie più è interessante gestire gli stint di guida. L'endurance è in grado di dare molte soddisfazioni da questo punto di vista. Per altro la LMP3 è la soluzione ideale al momento, visto che passare direttamente alle LMP2 ci era sembrato prematuro".

Cosa ne pensi del mondo del motorsport attuale?

"Lo dividerei in tre dimensioni differenti. Ci sono gli Stati Uniti, mondo del quale rispetto tantissimo la visione; lo trovo per certi versi più intelligente e in salute. Poi c'è il contesto europeo, con l'endurance in crescita e con l'interesse sempre positivo delle case costruttrici (per altro è giusto dire che in certe situazioni è difficile farne a meno). Sui circuiti europei c'è solitamente tanta gente a vedere le gare, e c'è una passione serena, con l'amore per il motorsport che viene esercitato senza dover per forza leggere tra le righe e senza dietrologie. Mi è capitato in molti casi di trovare appassionati che mi riconoscono e che sanno del mio lavoro nella concessionaria di famiglia. Insomma, si sono documentati! Fare questi incontri è sempre un piacere e ti fa sentire apprezzato. Infine c'è il mondo italiano del motorsport, pervaso dalla frustrazione tipicamente nostrana e con la tristezza delle tribune vuote. Abbiamo perso la nostra identità, la passione e il calore. Nessuna accusa in particolare; tuttavia mi sento di dire che è necessario per i piloti fare qualche gara in più all'estero e per gli organizzatori confrontarsi con altre realtà più lontane. Molto viene anche dai media: con la focalizzazione dell'interesse solo su pochi temi è difficile trovare lo spazio, ma ci sarebbero tante storie da raccontare anche da noi".

Giorgio Sernagiotto in compagnia di Max Gazzè



Secondo te gli appassionati riescono a identificarsi con i piloti odierni?

"Come detto, ci sono piloti da rispettare e con storie interessanti anche fuori dai soliti campionati. Se però ad esempio prendiamo i piloti attuali della F1 sembra che tutti abbiano una passato e un presente standard. Io non riesco a impersonificarmi in loro. I non addetti ai lavori difficilmente riescono a riconoscersi in questi giovanissimi la cui carriera è già stata scritta. Mi piacerebbe vedere ancora personalità forti come quelle di Vittorio Brambilla, Jackie Stewart, Nigel Mansell".

Il tuo ritmo di vita è piuttosto serrato, quando vai a gareggiare...

"Sì, è così. Andare a insegnare come coach e come istruttore o correre in pista e magari il lunedì essere in officina non è come andare in gita. C'è pressione, c'è la necessità di stare attento a tutto. Il ritmo è impegnativo, ma insegna a vivere. Per altro nella nostra concessionaria tocchiamo con mano l'atmosfera reale del nostro Paese. Molti clienti hanno sofferto, e ciò ha permesso a me di fare un bel bagno d'umiltà. Andare a correre mi fa sentire un privilegiato, e non solo perché era quello che sognavo di fare quando ero piccolo. Sono rispettato nell'ambiente e posso correre a testa alta, ma capisco anche che bisogna avere equilibrio nella vita, dando importanza alle cose che hanno davvero valore".

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