martedì 25 agosto 2015

Cockpit chiusi? Voto a favore



1 maggio 1994: un braccetto di una sospensione trafigge mortalmente Ayrton Senna. Sul suo casco rimangono i segni dell'impatto.
15 ottobre 1995: il brasiliano Marco Campos si ribalta e striscia con il casco sul muretto di contenimento prima del tornantino a Magny-Cours.
14 luglio 1996: sul cittadino di Toronto Jeff Krosnoff impatta in una rete di protezione dopo il decollo della sua vettura. Le ferite alla testa gli sono fatali.
31 ottobre 1999: Greg Moore perde la vita dopo un terribile scontro con il muretto interno dell'ovale di Fontana.
22 ottobre 2003: Tony Renna, durante dei test sul catino di Indianapolis, muore per le ferite a testa e all'addome dopo un violentissimo crash.
19 luglio 2009: Henry Surtees viene colpito alla testa da una gomma che carambolava in mezzo al tracciato, a seguito di un incidente occorso a Jack Clarke.
16 ottobre 2011: Dan Wheldon muore a causa di ferite fatali alla testa dopo aver colpito con il cockpit la rete di protezione dell'ovale di Las Vegas.
5 ottobre 2014: Jules Bianchi impatta con la testa contro un trattore in quel di Suzuka.
24 agosto 2015: Justin Wilson muore dopo essere stato colpito sul casco da un pezzo di musetto.
Questo elenco, cinico e purtroppo mortale, si è purtroppo aggiornato una volta visto l'incidente occorso a Justin Wilson nella gara Indycar di Pocono. Wilson è stato colpito alla testa da un grosso detrito - un pezzo di muso - rimbalzato dalla vettura di Sage Karam, andata a muro qualche secondo prima.

Justin Wilson è stato in coma per un giorno, ha lottato ma non ce l'ha fatta. Troppo gravi, le sue ferite. Forse è arrivato il momento di riflettere su questa ennesima avvisaglia. Nei venti anni tra la morte di Senna e l'incidente di Bianchi a Suzuka la sicurezza attiva e passiva nel motorsport ha fatto enormi passi. Abbiamo piste più sicure, auto più sicure, commissari meglio addestrati e tanta professionalità. Quello che purtroppo manca nei campionati a ruote scoperte è la sicurezza per un punto fondamentale del nostro corpo: la testa.

Quanto tempo ancora sarà necessario per convincere gli addetti ai lavori che qualcosa va fatto? Intendo, qualcosa che vada oltre alle protezioni laterali ai lati del casco.

Spero che accada qualcosa di rivoluzionario. E per qualcosa di rivoluzionario intendo una protezione sopra la testa dei piloti, un cupolino che li protegga da urti subdoli. Un cupolino resistente e in grado di essere estratto facilmente dalla sua sede. Oppure qualcosa d'altro, che riduca al minimo il rischio di essere intrappolati nel caso di ribaltamenti o incendi.

Brian Hart al Nurburgring nel 1967 con un cupolino artigianale.

I piloti cominciano a essere attratti da queste idee. Ryan Hunter-Reay ne ha parlato diffusamente. Anche il campione Nascar Brad Keselowski ha invocato l'uso di un cupolino. Il pilota GP3 Seb Morris è favorevole. E il pilota di dragster Tony Schumacher ne usa uno già dal 2012.




Se mai qualcosa dovesse essere fatto in questa direzione, io sarò d'accordo. Prevedo però che molti potrebbero storcere il naso per un cambiamento epocale anche in fatto di estetica delle vetture. Meglio però conservare una tradizione stilistica che perdura da decenni oppure mantenere in vita le serie a ruote scoperte senza essere obbligati ad aggiornare l'elenco dei traumi e delle morti in pista?